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SVIZZERA«Sì all'Ue, no all'accordo»

08.05.21 - 12:46
È la posizione dei vertici del Partito socialista. Il co-presidente Cédric Wermuth oggi ha lanciato un appello
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Cédric Wermuth durante un'assemblea del Ps
Cédric Wermuth durante un'assemblea del Ps
Fonte ATS
«Sì all'Ue, no all'accordo»
È la posizione dei vertici del Partito socialista. Il co-presidente Cédric Wermuth oggi ha lanciato un appello

BERNA - Il co-presidente del Partito socialista Cédric Wermuth ha fatto un appello a favore di una maggiore integrazione europea nel suo discorso oggi davanti all'assemblea - virtuale - dei delegati. Il consigliere nazionale argoviese ha però rifiutato l'accordo quadro Svizzera-UE nella sua forma attuale: «Mina la protezione dei salari», ha affermato.

La domanda per la sinistra è semplice, ha detto Wermuth. «L'Europa sarebbe migliore senza l'Unione?». La risposta è semplice come la domanda: "no". «Se non altro per il fatto che le sfide attuali superano da tempo i confini dello Stato nazionale», ha detto il co-presidente del PS.

Per la prima volta, Bruxelles sta facendo sforzi in vista di una unione fiscale. Ma la lotta persiste tra «coloro che continuano ad aggrapparsi all'Europa neoliberale» e le «forze crescenti che stanno dalla parte dell'Europa dei popoli».

In Svizzera il dibattito sull'accordo quadro si svolge proprio in questo contesto. «La lotta per una migliore tutela salariale e per un servizio pubblico decente è una lotta europea», ha affermato il consigliere nazionale argoviese. Il PS non stava combattendo questa battaglia contro l'UE, ma a fianco della sinistra e dei sindacati europei.

«Lasciatemi parlare chiaramente, compagni: questo testo, così com'è, non è accettabile per la socialdemocrazia» ha detto Wermuth. Attacca la protezione salariale e rischia di indebolire il servizio pubblico.

«Non si tratta di tattica o di posizionamento del partito. Si tratta del significato stesso di ciò che significa essere un socialdemocratico: difendere il diritto a salari e redditi decenti per tutti coloro che vivono o lavorano qui, poco importa da dove vengono», ha detto Wermuth.

Il co-presidente del PS suggerisce però una via d'uscita: per Wermuth è giunta l'ora di lasciare da parte la «ristrettezza mentale» in merito alla direttiva sulla libera circolazione. L'argoviese giudica «ragionevole la parità di trattamento dei cittadini europei in Svizzera, compresa la protezione contro la povertà». In cambio, ha proseguito il consigliere nazionale, l'Unione europea deve garantire alla Svizzera la protezione dei salari e dei suoi servizi pubblici.

Più in generale, l'accordo istituzionale quadro non è abbastanza ambizioso secondo Wermuth. «Vogliamo che la Svizzera partecipi al Green New Deal europeo. Vogliamo che la Svizzera partecipi ai programmi di investimento europei del post covid-19, vogliamo cooperare sulle questioni fiscali, sull'estensione della protezione del lavoro», ha precisato l'argoviese. Insomma, la Svizzera è chiamata ad allontanarsi dal «binario morto europeo» che ha imboccato.

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