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CANTONEUno schianto letale a oltre cento chilometri orari

25.03.19 - 11:51
Parla il quarantenne a processo per il dramma all’aerodromo di Lodrino: «Ho visto arrivare il motociclista in piena accelerazione»
Rescue Media
Il luogo dell'incidente avvenuto il 21 agosto 2014
Il luogo dell'incidente avvenuto il 21 agosto 2014
Uno schianto letale a oltre cento chilometri orari
Parla il quarantenne a processo per il dramma all’aerodromo di Lodrino: «Ho visto arrivare il motociclista in piena accelerazione»

LUGANO - Un motociclista a ben oltre cento chilometri orari sulla pista dell’aerodromo di Lodrino. E poi lo schianto contro il veicolo di servizio che si era immesso sulla pista per effettuare un controllo. «Avevo sentito il rumore delle moto mentre mi trovavo all’interno di un hangar, mi sono dunque recato all’esterno per verificare la situazione». È quanto racconta il quarantenne che oggi compare alle Correzionali per l’incidente del 21 agosto 2014 che costò la vita a un ventenne della regione. Da qui l’accusa di omicidio colposo e di esposizione a pericolo della vita altrui, come ipotizzato dal procuratore Nicola Respini.

Sulla pista le moto erano due. E l’avevano dapprima percorsa da sud verso nord, con velocità fino a 190 chilometri orari. A quel punto è intervenuto il quarantenne, che si occupava di garantire la sicurezza della struttura: «Con il veicolo ho raggiunto il bordo della pista per effettuare un controllo, ho verificato che lo spazio aereo fosse libero e mi sono messo al centro della pista. I motociclisti erano ancora fermi in cima».

Ma poi i due centauri si sono messi in movimento. E a quel punto, come ricorda l’imputato interrogato dal giudice Mauro Ermani, si trattò di una questione di secondi: «Ho visto arrivare il motociclista in piena accelerazione, non c’era nessuna reazione, ho avuto la percezione che cambiasse traiettoria... e poi lo schianto». Secondo la perizia giudiziaria il giovane centauro si sarebbe reso conto della vettura a una distanza di circa cinquanta metri, a una velocità ben superiore ai cento chilometri orari. L’imputato non aveva acceso le luci né i lampeggianti per segnalare la sua presenza. «Ho subito capito che era successo qualcosa di grave».

Non era la prima volta che gli addetti constatassero la presenza in pista di mezzi o persone estranee, anche considerando che all’epoca l’aerodromo non era recintato. E facilmente accessibile, in particolare da sud. Soltanto dei cartelli indicavano il divieto d’entrata. «Abbiamo già avuto a che fare con altri motociclisti, con modellisti o una volta persino con qualcuno a cavallo» spiega il quarantenne, sottolineando che si trattava di alcuni episodi all’anno.

La Corte si interroga in particolare sulla dinamica dell'intervento effettuato dal quarantenne, che quel giorno di agosto era entrato in pista con il veicolo di servizio nonostante i due motociclisti fossero fermi in cima alla pista. «Per un aereo in arrivo, non è più pericolosa la presenza del veicolo in mezzo alla pista rispetto a quella dei motociclisti fermi in cima?» chiede il giudice. L’imputato, difeso dall’avvocato Brenno Canevascini, spiega che lo spazio aereo era libero: «Si trattava di stabilire un contatto con i motociclisti e di effettuare un giro pista per verificare che non siano rimasti oggetti estranei».

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