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L'OSPITEIl personale delle istituzioni sociali di fronte al 15 maggio

23.04.22 - 09:00
Un contributo di Lucio Negri, presidente gruppo VPOD lavoratori sociali
Lucio Negri
Il personale delle istituzioni sociali di fronte al 15 maggio
Un contributo di Lucio Negri, presidente gruppo VPOD lavoratori sociali

Questi ultimi due anni sono stati la dimostrazione lampante della necessità di rinforzare il settore pubblico e dei servizi sociosanitari, eppure, puntuale, ecco la proposta targata udc e appoggiata da buona parte della destra cantonale, di mettere un freno alla spesa nel nome del pareggio di bilancio.

Già nell’estate 2020, mentre la pandemia covid stava presentando i primi conti di quella che è stata la peggior emergenza sociosanitaria degli ultimi 70 anni, tra gli operatori sul campo vi era il timore che saremmo stati chiamati alla cassa: siamo stati facili profeti.

Il personale delle Istituzioni sociali guarda con una certa preoccupazione al prossimo 15 maggio, soprattutto in ottica del rinnovo contrattuale, slittato negli ultimi anni proprio a causa della pandemia e che sarà affrontato il prossimo autunno. Un’accettazione da parte del popolo delle misure d’austerità proposte nel decreto Morisoli cambierebbe le carte sul tavolo delle trattative, ovviamente a discapito delle condizioni di lavoro del personale impiegato e, di riflesso, anche della qualità delle prestazioni all’utenza delle Istituzioni sociali. 

Se l’ente sussidiante, ovvero il Cantone, dovrà far fronte a dei tagli di spesa, qualsiasi miglioramento sarà nuovamente da dimenticare. 

Purtroppo non è levandosi la mascherina che la pandemia ha smesso di lasciare il segno nella società. Ora ci sono da curare gli strascichi di chi ha sofferto gli isolamenti o le ripetute quarantene, le continue chiusure, riaperture, le fragilità di una situazione mai stabile. Sono le fasce più deboli della popolazione, in particolare le fasce giovanili e le persone ai margini dell’economia e della vita sociale, quelle che più richiedono un intervento dello Stato, a dover essere sostenute e protette. Ricordo che mentre le corsie degli ospedali erano piene, gli istituti isolati e le scuole chiuse, lo Stato ha sostenuto finanziariamente il mondo economico privato. Ora è più che mai tempo di tornare a investire nel settore pubblico e sociosanitario, non tagliare.

Nel passato dalle crisi socioeconomiche ne è uscito al meglio chi ha investito nell’intervento dello Stato laddove vi erano mancanze, non chi ha tutelato il denaro e inseguito il pareggio di bilancio. 

Che futuro può avere un Cantone impossibilitato a rispondere a un disagio sociale serpeggiante? Il 15 maggio il popolo ticinese dovrà decidere cosa è davvero importante, se tornare a investire sui servizi o rinunciare a quest’ultimi nel nome delle leggi di un mercato che sempre più lascia dietro di sé strascichi di cui sembra nessuno voglia occuparsi.

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