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AFGHANISTAN

Il regime talebano si finanzia grazie al carbone

I dati presentati dalle Nazioni Unite mostrano che l'estrazione è raddoppiata dalla nascita "dell'emirato afghano"
AFP
Il regime talebano si finanzia grazie al carbone
I dati presentati dalle Nazioni Unite mostrano che l'estrazione è raddoppiata dalla nascita "dell'emirato afghano"
Tra i minatori molto spesso ci sono anche dei bambini, come denunciano le associazioni umanitarie presenti sul territorio
KABUL - Pochi rapporti commerciali con la maggior parte dei paesi limitrofi. Nessun piano sociale per il futuro avvenire. Così i talebani, per finanziare le proprie attività in Afghanistan, si sono messi a scavare. Per rilanciare l'econ...

KABUL - Pochi rapporti commerciali con la maggior parte dei paesi limitrofi. Nessun piano sociale per il futuro avvenire. Così i talebani, per finanziare le proprie attività in Afghanistan, si sono messi a scavare. Per rilanciare l'economia hanno infatti deciso di sfruttare le ingenti risorse energetiche presenti nel sottosuolo del paese, come riporta un articolo del Financial Times. Alcune stime internazionali ipotizzano che sotto il terreno afghano si nascondano tremila miliardi di dollari di dollari di materie prime. 

Secondo una dato citato dalle Nazioni Unite, le vendite di carbone all’estero dovrebbero arrivare per la fine dell’anno a due miliardi di dollari, quasi il doppio di tre anni fa, quando si erano fermate a 1,2 miliardi. Questa risorsa è più facile da estrarre rispetto ad altre e l’ubicazione di molte miniere è nota da tempo: in totale sono circa un' ottantina e di queste, una ventina sono tornate in attività (dove spesso vengono usati anche bambini, come denunciano le associazioni umanitarie, preoccupate anche per i potenziali danni ambientali).

Il carbone rimane una risorsa molto richiesta da alcuni paesi tra cui: la Cina (che con la Russia sta finanziando e co-investendo nella ripresa delle attività minerarie), la Russia e il Pakistan. Il governo di Kabul nel luglio scorso ha deciso che non ci saranno più prezzi di favore nemmeno ai Paesi amici: «Sfrutteremo le nostre riserve a prezzi internazionali, imponendo dazi sull’esportazione». Detto, fatto: i dazi sono saliti del 30%.

 

 

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