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«In troppi sono stufi, il futuro lo vedo nerissimo»

LAVIZZARA«In troppi sono stufi, il futuro lo vedo nerissimo»

03.06.22 - 06:30
La rabbia di Armando Donati, presidente ticinese dell'Associazione Protezione del Territorio dai Grandi Predatori.
Foto di Davide Giordano
«In troppi sono stufi, il futuro lo vedo nerissimo»
La rabbia di Armando Donati, presidente ticinese dell'Associazione Protezione del Territorio dai Grandi Predatori.
Il lupo continua a creare scompiglio nella Svizzera italiana. Tanti agricoltori di montagna sono allo stremo delle forze. E le soluzioni suggerite dalle autorità risultano spesso inapplicabili. Guarda il video.

BROGLIO - «Siamo in ginocchio. Da anni le autorità hanno minimizzato il problema. Nel frattempo i lupi sono aumentati esponenzialmente. E le predazioni anche». Armando Donati, presidente della sezione ticinese dell'Associazione per la Protezione del Territorio dai Grandi Predatori, è stato ospite di Piazza Ticino. E da Broglio (Lavizzara, Vallemaggia) ha raccontato il disagio di tanti, troppi agricoltori di montagna. «I lupi presenti in Ticino sono molti più di quelli che ci dicono le statistiche ufficiali». 

Le autorità avevano dato il via libera per l'abbattimento del famoso lupo di Cerentino, che aveva portato a una macabra protesta in Piazza Governo. Non è stato un segnale incoraggiante?
«Noi non eravamo contenti. Già la sera stessa, dopo la predazione, i funzionari erano convinti che il lupo doveva essere ucciso. Poiché aveva predato più di dieci capi in una zona non proteggibile. Il Consiglio di Stato ha aspettato tre settimane per approfondimenti legali non ben precisati. Nel frattempo evidentemente il lupo si è spostato». 

L'entusiasmo da parte dei contadini sta scemando...
«Il futuro lo vedo nerissimo. Vogliono mollare anche quelli che fanno gli agricoltori per mestiere».

Le misure di protezione proposte dalle autorità sembrano non essere applicabili in diversi casi. 
«La cosa grave è che già tanti anni fa, tra il 2003 e il 2004, quando sono arrivati i primi lupi in Svizzera, in Ticino sono stati fatti degli studi. Da quelle ricerche appariva già chiaramente che alcuni nostri alpeggi non potevano essere protetti». 

Perché?
«Prima di tutto per la morfologia del territorio. Se si va su qualsiasi alpe della Verzasca o della Valmaggia tutti capiscono che è impossibile piantare recinzioni a prova di lupo».

I cani da protezione?
«Il cane, affinché non faccia danni con gli escursionisti, necessita anche della presenza di un pastore. Ma le nostre greggi sono relativamente piccole, si aggirano attorno ai 120 capi mediamente. Per giustificare un investimento simile servirebbero almeno 500 capi per gregge». 

Cosa succede concretamente se la maggior parte degli agricoltori di montagna getta la spugna? 
«La natura diventerebbe completamente selvaggia. La biodiversità, che tutti sostengono, andrebbe a farsi benedire. Così come la realizzazione di prodotti nostrani, legati a una tradizione millenaria».

Torniamo alla manifestazione di Bellinzona. Cosa resta di quel giorno in Piazza Governo?
«Quando un allevatore trova i suoi animali sbranati, per lui è una tragedia. C'è l'aspetto finanziario, materiale. Ma c'è anche quello emotivo. Psicologico. Lo abbiamo detto alle autorità. La manifestazione di Bellinzona è stata il risultato di anni durante i quali il tema del lupo è stato sottovalutato. Ci sentivamo sempre rispondere che comprendevano il problema, apprezzavano i nostri prodotti ma non potevano fare niente. Era stata preparata anche una mozione con dieci possibili proposte da parte degli allevatori. La mozione è stata rigettata dal Consiglio di Stato. Se di fronte a dieci proposte, non ne viene presa in considerazione neanche una, vuol dire che il problema è snobbato».

Gli animalisti ce l'hanno con voi perché sembra che vogliate fare sparire il lupo dalle valli. 
«Già nel 2010 il Parlamento ticinese aveva raccomandato al Consiglio di Stato d'intervenire verso Berna per fare in modo che in Svizzera si creassero zone in cui la pressione del lupo fosse minore. Si parlava di abbattimenti preventivi. Non si è fatto nulla». 

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