DERBYBestie nere e affanni: «A entrambe serve una fiammata»

LUGANO - Consumati tra alti e bassi i primi tre impegni del 2023, per Ambrì e Lugano è tempo di derby. Diverso lo stato d'animo delle due squadre, differente il percorso d’avvicinamento al match, identico l'obiettivo. Vincere, cercare risposte e continuità, far gioire i propri tifosi nella speranza di aprire un ciclo positivo.

Di una vittoria ne ha bisogno l'Ambrì, che di derby ne ha persi 5 di fila - sono addirittura 13 negli ultimi 14 -, ma ne ha bisogno eccome pure il Lugano, che dopo il successo sul Losanna è incappato in due allarmanti ko contro Berna e Langnau. Insomma un passo avanti e due indietro per i bianconeri, chiamati ad invertire la rotta in una stagione che sin qui ha visto troppe ombre. Più alto il morale dei biancoblù, che dopo il trionfo alla Spengler hanno però raccolto solo due punti contro Berna, Friborgo e Bienne. Il trend negativo nei duelli coi cugini - sovente persi al termine di sfide equilibrate - potrebbe iniziare a pesare anche a livello mentale... «Probabilmente sì, ma arriverà anche il momento dell'Ambrì: mi aspetto una partita combattutissima e sono curioso di vederla», interviene Nicola Celio, ex capitano biancoblù. «È vero che la squadra di Cereda ha speso tanto a livello psicofisico, ma vincendo la Spengler ha avuto anche una grande iniezione di fiducia. Da giocatore mi sono sempre piaciuti questo genere di “tour de force”. Danno e tolgono, come una serie di playoff. Nel complesso, analizzando il momento, vedo meglio l'Ambrì».

Sulla carta il Lugano dovrebbe essere un po’ più fresco… «Eppure sta soffrendo. L’ho visto un po’ giù a livello fisico e mentale. Senza guizzi. Ad Ambrì invece ci sono più giocatori in forma, o che danno l’impressione di poter far male. Prima di Natale ha avuto un momento davvero duro, poi l’ha superato e adesso ha più armi a disposizione».

Detto questo, ad entrambe servirebbe un clic a livello di continuità. «Sì. Mancano ancora parecchie partite, ma il tempo passa e restano in “attesa” di un picco positivo. Serve una fiammata al momento giusto per svoltare. In passato abbiamo già avuto tanti esempi di squadre capaci di uscire “dall’anonimato” e lanciarsi verso grandi cavalcate».

A Lugano, l’effetto Gianinazzi, si è visto solo a fasi alterne. Una vera inversione di rotta non c'è (ancora) stata. «Sono processi lunghi. Oltre al gioco e ai singoli - non ha plasmato il gruppo, ma se l’è “trovato” tra le mani -, mi piace sempre mettere l’accento sul fattore mentale. Una buona energia nello spogliatoio può fare tantissimo e, a questo proposito, mi sembrano un po’ in difficoltà».