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GUERRA A GAZA

Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu approva il piano Trump per Gaza

Con 13 voti a favore l'organo delle Nazioni Unite ha dato via libera alla risoluzione USA autorizzando una forza internazionale di stabilizzazione. Russia e Cina si astengono.
AFP
L'ambasciatore americano all'ONU Mike Waltz durante il voto.
Fonte ats ans
Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu approva il piano Trump per Gaza
Con 13 voti a favore l'organo delle Nazioni Unite ha dato via libera alla risoluzione USA autorizzando una forza internazionale di stabilizzazione. Russia e Cina si astengono.

NEW YORK -  Fumata bianca al Palazzo di Vetro su Gaza: con l'astensione di Mosca e Pechino e 13 voti a favore, è passata al primo colpo al Consiglio di Sicurezza dell'Onu la risoluzione USA che approva il piano di pace di Donald Trump per la Striscia e autorizza una forza internazionale di stabilizzazione per l'enclave palestinese che dovrà anche disarmare Hamas.

L'ambasciatore americano all'Onu Mike Waltz ha definito «storica» la risoluzione Usa adottata dall'organismo delle Nazioni Unite. «Sotto la presidenza di Donald Trump gli Stati Uniti continueranno a portare risultati con i nostri partner», ha precisato Waltz, salutando «l'opportunità di porre fine a decenni di spargimento di sangue e rendere realtà una pace duratura». Per l'ambasciatore a interim della Gran Bretagna James Kariuki la risoluzione «permette di voltare pagina verso una pace duratura dopo due anni devastanti di conflitto».

Dalla sua approvazione dipendeva l'avvio della fase due del piano, quella più difficile, dopo la tregua, lo scambio dei prigionieri e il parziale ritiro dell'Idf dalla Striscia. Sul voto pesava l'incognita del possibile veto della Cina e della Russia, Paese quest'ultimo che nei giorni scorsi aveva presentato una bozza alternativa che non menzionava la smilitarizzazione di Gaza, si opponeva alla permanenza di Israele oltre la linea gialla, non citava il Board of Peace per l'amministrazione transitoria dell'enclave (presieduto dallo stesso Trump) e affidava al segretario generale dell'Onu il compito di valutare le «opzioni per il dispiegamento della Forza internazionale di stabilizzazione» (togliendole così a Washington).

Sostegno arabo-musulmano e dell'Autorità Palestinese
Una linea condivisa anche dalla Cina e dall'Algeria. Ma a premere per il rapido passaggio della risoluzione americana, oltre ai paesi arabo-musulmani più importanti (Qatar, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Indonesia, Pakistan, Giordania e Turchia), si era aggiunta anche l'Autorità Palestinese, rafforzando le possibilità di una approvazione. Per Mosca e Pechino sarebbe infatti stato difficile opporsi a un testo sostenuto dalla Palestina e dall'intera regione, oltre che da numerosi Paesi europei. Come volevano le previsioni dell'ultima ora, la risoluzione ha ottenuto la maggioranza dei voti (almeno 9 su 15), con l'astensione di Russia e Cina.

Per facilitare il voto di Mosca e Pechino, la bozza di risoluzione era stata rinegoziata. Il testo afferma che gli Stati membri del Consiglio di Sicurezza possono partecipare al cosiddetto Board of Peace (in carica sino al 31 dicembre 2027) e che «le condizioni potrebbero finalmente essere mature per un percorso credibile verso l'autodeterminazione e la statualità palestinese», una volta che l'Autorità Palestinese avrà attuato un programma di riforme e la ricostruzione di Gaza sarà avanzata. Per la forza internazionale di stabilizzazione, formata da Paesi prevalentemente musulmani, resta confermato il compito di garantire un processo di smilitarizzazione di Gaza, incluso il disarmo e la distruzione delle infrastrutture militari di Hamas.

Bocciatura da Hamas e Israele
Comprensibile quindi che le critiche più forti arrivino da Hamas e Israele. Il gruppo militante palestinese ha infatti respinto la risoluzione affermando che non rispetta le «richieste e i diritti» dei palestinesi. «Questa risoluzione non soddisfa il livello delle richieste e dei diritti politici e umanitari del nostro popolo palestinese». Secondo i leader di Hamas la risoluzione imporrebbe pure «un meccanismo di amministrazione fiduciaria internazionale sulla Striscia di Gaza, che il nostro popolo, le sue forze e i suoi gruppi costituenti rifiutano, e impone un meccanismo volto a raggiungere gli obiettivi di Israele» Per questo Hamas «deplora in particolare» l'istituzione di una forza internazionale la cui «missione include il disarmo» dei gruppi palestinesi a Gaza.

Ci è andato ancora più pesante il ministro della Pubblica sicurezza israeliano, Itamar Ben-Gvir che prima del voto aveva richiesto l'arresto del presidente palestinese Abu Mazen (Mahmoud Abbas) e l'assassinio di alti funzionari palestinesi qualora il Consiglio di Sicurezza dell'Onu avesse votato a favore dello Stato palestinese. «Se accelerano il riconoscimento di questo Stato fabbricato, se l’ONU lo riconosce, voi (...) dovete ordinare assassinii mirati di alti funzionari dell’Autorità Palestinese, che sono terroristi a tutti gli effetti, e ordinare l’arresto di Abbas», aveva dichiarato rivolgendosi al Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu davanti ai giornalisti.

Situazione sempre più infuocata in Cisgiordania
Nel frattempo lo stesso Israele deve fare i conti con le proteste contro l'evacuazione dell'avamposto illegale di Tzur Misgavi, in Cisgiordania: diversi agenti della polizia israeliana sono rimasti feriti in violenti scontri con i coloni, decine dei quali hanno cercato di barricarsi sul posto «attaccando le forze di sicurezza con il lancio di pietre e barre di ferro, e incendiando pneumatici e veicoli». Altri scontri nel villaggio di Jaba'a, vicino a Betlemme, con incendi a veicoli e abitazioni.

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