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CRISI NEL MAR ROSSONavi sotto attacco, l'armatore: «Per noi è un disastro, cambia tutto»

18.01.24 - 00:01
La Lugano del trading e della logistica è di fronte a «un muro con l'Oriente», con «costi pazzeschi e ricadute sui prodotti finiti».
Afp
Navi sotto attacco, l'armatore: «Per noi è un disastro, cambia tutto»
La Lugano del trading e della logistica è di fronte a «un muro con l'Oriente», con «costi pazzeschi e ricadute sui prodotti finiti».

LUGANO - Che gli armatori e i trader ticinesi rappresentino, con il loro know-how, una risorsa preziosa per tutto il territorio cantonale è risaputo. Quel che invece rischia di passare sotto traccia è che i professionisti del commercio e della logistica si trovano oggi a fare i conti con una nuova sfida, quella al terrorismo, che ha messo nel mirino le navi mercantili, lungo le rotte tra Europa e Asia.

Non più ribelli yemeniti quindi, ma terroristi veri e propri. Il gruppo armato, che sta complicando l'accesso delle navi al Mar Rosso, è stato infatti reinserito dagli USA nella lista delle organizzazioni terroristiche.

Il traffico marittimo
Le conseguenze degli attacchi nell'area del Mar Arabico rischiano così di causare uno shock di prezzo («Sarà colpito il trasporto del gas liquefatto», ha detto a Davos il primo ministro del Qatar), oltre che un rallentamento degli approvvigionamenti (Tesla, ad esempio ha sospeso per due settimane la produzione europea). Basti pensare che il traffico dei container sul Mar Rosso è sceso del 70% e un contenitore di 40 piedi, dalla Cina al Nord Europa, costa oggi circa 4 mila dollari (il prezzo era di circa 1500 dollari a novembre). Il tutto al netto del fatto che dallo stretto di Bab al-Mandeb passa il 12% del commercio marittimo globale.

Tutte cose che conosce bene l'armatore Vincenzo Romeo, che da Lugano gestisce una flotta di navi cargo, quelle della Nova Marine Carriers.

Signor Romeo, di quante navi dispone la vostra flotta?
«Abbiamo un centinaio di navi - spiega il CEO - adibite al trasporto di cemento in polvere, in genere parliamo di carico secco».

Le vostre navi passano dal Mar Rosso?
«Mediamente abbiamo tre o quattro passaggi mensili. Nelle ultime tre settimane avevamo cinque navi in navigazione dall'estremo Oriente all'Europa, le abbiamo deviate e ora passano per il Capo di Buona Speranza».

Difficile lavorare in un contesto di guerra.
«È un disastro. Le faccio un esempio: una nostra nave per andare in Turchia oggi impiega 15 giorni in più. Discorso simile per la Spagna, dove i giorni aggiuntivi sono circa 10 o 11. Mediamente possiamo dire che le tempistiche si dilatano nell'ordine dei 12 fino ai 15 giorni».

Un vero mal di testa in termini di costi.
«Sì, ora sono pazzeschi, oltre alla tassa sulla Co2 che dobbiamo pagare per le emissioni che le navi producono, nonostante vantiamo una flotta giovane, ora c'è anche il costo per il maggior carburante. Una nave ne consuma 20 tonnellate al giorno: il gasolio costa 850 dollari alla tonnellata, l'ifo più o meno 600 dollari, faccia lei i conti».

Lo facciamo e ci viene in aiuto Container xChange: i costi aggiuntivi del carburante fanno segnare un +20%. La piattaforma stima anche un possibile rincaro del trasporto marittimo (+60%) e un +20% per i costi assicurativi.

Come si configura a livello contrattuale un ritardo nelle consegne?
«Per noi è un problema rarissimo perché in banchina possiamo contare su una finestra temporale. Quello che cambia è la catena logistica. La tratta India-Europa richiede ora dai 45 ai 50 giorni, prima erano 30. E in un contesto del genere si riduce la capacità di trasporto, si fanno meno viaggi».

A farne le spese è tutta la catena commerciale.
«Per adesso con i clienti abbiamo trovato compromessi e siamo in discussione per valutare i booking futuri ma i primi a non capirci più molto sono proprio loro: cercano di comperare meno dal Far East e di trovare le materie prime nella zona Atlantica e in Europa».

A che prezzo?
«I compromessi sono all'ordine del giorno, parliamo di sovrapprezzi che riaccenderanno il fenomeno inflattivo. Se noi abbiamo un costo di trasporto maggiore ci sarà poi un aumento del prezzo a valle».

Dunque, che fare?
«Ci troviamo di fronte a un muro tra Oriente e Occidente. Avevamo flussi di carbone dall'Indonesia verso l'Europa, ora si guarda a nuove origini: al Sud Africa, alla Colombia, anche dovendo accontentarsi di una minor qualità».

Immagino parliate con i trader ticinesi, che difficoltà stanno affrontando?
«Le preoccupazioni sono all'ordine del giorno e a noi spetta trovare le soluzioni. Ma vedo che lo scenario geopolitico peggiora. A Lugano abbiamo però professionisti in gamba, che hanno sempre affrontato crisi, a cui poi si sono adattati. In Svizzera siamo all’avanguardia, a Ginevra per il grano, mentre in Ticino per l'acciaio e il carbone».

Quali le conseguenze della crisi su questi prodotti?
«Come Nova Marine Carriers muoviamo più di 4 milioni di tonnellate di prodotti agricoli. E su questi prodotti, dal punto di vista europeo, l'impatto è stato minimo. Anche le conseguenze della guerra in Ucraina sono state digerite: ora contiamo soprattutto su origini diversificate, come Usa, Brasile, Francia e Germania».

I problemi sono per acciaio, carbone e petrolio.
«Esatto, per questi e altri prodotti dal Far East ci saranno conseguenze. Ma le difficoltà riguarderanno anche i prodotti finiti: l'iPhone è fatto in Cina, come ricollocarne la produzione?».

Tutto dipenderà dalla durata degli attacchi messi in atto dai ribelli Houthi. E a chi si chiede quando vedremo rimbalzare gli effetti della crisi nel nostro portafoglio, risponde oggi all'Agi il commissario europeo all'Economia, Paolo Gentiloni: «Queste conseguenze potrebbero materializzarsi nelle prossime settimane». Non ci resta che attendere.

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COMMENTI
 

Blobloblo 3 mesi fa su tio
A furia di speculare sulle persone le cose tornano indietro

Paolo-Basilea 3 mesi fa su tio
Signori giornalisti, ricordate quando si bloccò Suez? I container da 40 piedi raggiunsero i 10’000 dollari. Ricordate ai lettori che oltre che alla via lunga intorno all’Africa (2 settimane di navigazione in più) c’è anche la ferrovia dalla Cina all’est Europa. Così evitate terrorismo dell’informazione ma anzi aggiornate i lettori sulle alternative che sono usate tutt’oggi!

Johnnybravo 3 mesi fa su tio
Risposta a Paolo-Basilea
Carissimo dimentichi di dire che la capacità di trasporto della ferrovia Cina-Europa è limitata rispetto alle navi cargo, quest'ultimo possono trasportare un volume molto maggiore di merci. Inoltre, la ferrovia Cina-Europa può essere più costosa rispetto al trasporto marittimo, quindi potrebbe non essere sempre la scelta più economica per il trasporto di merci su larga scala, ovvio che in mancanza d'altro... potrebbe aiutare.

Dred 3 mesi fa su tio
Risposta a Paolo-Basilea
Beh, considerando che ogni nave porta dai 10'000 ai 20'000 container, basta un semplice trenino lungo 100 km e il gioco è fatto.
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