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«Quell’odio estremo mi fa paura»

MENDRISIO«Quell’odio estremo mi fa paura»

30.08.23 - 06:32
Il cantautore ticinese Paolo Meneguzzi sempre più schierato contro alcuni trend musicali: «Messaggi pericolosi. È troppo».
PM
«Quell’odio estremo mi fa paura»
Il cantautore ticinese Paolo Meneguzzi sempre più schierato contro alcuni trend musicali: «Messaggi pericolosi. È troppo».

MENDRISIO - Ha gettato il sasso dello stagno. E l’acqua si è mossa parecchio. Il cantautore ticinese Paolo Meneguzzi continua la sua crociata «contro i testi diseducativi» di alcune star musicali. Intervistato da Tio/20 Minuti a Mendrisio, presso la sede della sua PopMusicSchool frequentata da circa a 500 giovani, il 46enne ribadisce il concetto. 

Sui social parli di responsabilità. 
«Quando io stesso ero sulla cresta dell'onda e vendevo milioni di dischi, mi sentivo responsabile di certi messaggi che veicolavo. Lo stesso problema dovrebbero porselo le star del momento. Cosa succede ai ragazzini più fragili quando ascoltano certe cose? Come elaborano determinati concetti coloro che seguono alla lettera i testi di questi trapper, di questi personaggi nati con la musica autoprodotta?» 

Tu che ne pensi?
«Non lo so. La cosa mi fa paura. Ci sono testi che spingono verso l'odio estremo. Verso la violenza. Verso il razzismo. A me pare che chi li scrive lo faccia quasi a caso, come se fosse un gioco, non rendendosi conto che dall'altra parte qualcuno potrebbe non essere in grado di capire». 

Hai chiesto l'intervento della politica. Utopia?
«No. Io credo veramente che debbano esserci delle regole su certe cose. Come accade ad esempio per i film. Alcuni esperti potrebbero analizzare i brani sensibili e stabilire che magari non vanno bene per un determinato tipo di pubblico. Proprio perché quel pubblico non ha ancora gli strumenti per prendere le distanze emotive da quel genere di contenuti». 

Ci fossero dei limiti in tal senso, certi cantanti avrebbero ancora così successo?
«No. Non penso. I palazzetti li riempiono con ragazzini che ripetono i loro testi senza rifletterci su. Quando uno cresce e inizia a pensare, non so se nel palazzetto ci torna». 

C’è chi sostiene che l’arte è arte e non va discussa.
«Infatti io non sto parlando di censure. Dico solo che certi brani probabilmente non possono essere resi accessibili a bambini di dieci anni per esempio». 

Ti senti un po’ Don Chisciotte che lotta contro i mulini a vento?
«Da quando mi sono esposto sui social ho ricevuto diversi messaggi cattivi da parte dei fan di questi cantanti. Però ne ricevo anche tanti di solidarietà. Non ho niente da perdere. Quello che sto dicendo lo faccio per una buona causa. Mi rendo conto che c'è tanta gente stufa di accettare certe cose. E che ritiene che quando è troppo è troppo».  

Qualcuno salirà sul tuo carro?
«Per ora noto tanto rispetto nei miei confronti. Forse perché io sono sempre stato rispettoso verso gli altri. Mi sono esposto parlando di qualità. E chi è del settore sa come lavoro».

Prima hai accennato all'autoproduzione musicale. 
«È da lì che il sistema è degenerato. Vedere artisti che non si curano delle conseguenze dei loro testi mi dà un senso di tristezza. E se qualcuno dovesse poi intraprendere un percorso violento perché fa suo il contenuto di certi brani? Nessuno se lo chiede? Quando uno è fan non pensa. Agisce. Soprattutto se è molto giovane». 

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