Aiutò diverse persone a suicidarsi: alla sbarra una donna

Attraverso l'associazione da lei fondata a Chiasso forniva assistenza al suicidio. Secondo la pubblica accusa operava però nell'illegalità.
LUGANO - Ha aiutato sette persone a togliersi la vita, attraverso il suicidio assistito, la donna che sarà processata oggi alle Assise correzionali di Lugano. Già, perché anche se in Svizzera la dolce morte è legale, la donna, che ha agito tra il 2016 e il 2017, non avrebbe rispettato la legislazione in vigore in tal senso.
L'imputata ha agito tra il 2016 e il 2017 e si era occupata di accompagnamento alla morte attraverso l'associazione Carpe Diem, da lei stessa fondata in quel di Chiasso. Oggi, a distanza di sette anni, la donna è però accusata di istigazione al suicidio e aiuto al suicidio.
Attualmente, va specificato, l'unica legge che regolamenta il suicidio assistito sul territorio rossocrociato è l'articolo 115 del Codice penale. Quest'ultimo stabilisce che «chiunque per motivi egoistici istiga alcuno al suicidio o gli presta aiuto è punito, se il suicidio è stato consumato o tentato, con una pena detentiva sino a cinque anni o con una pena pecuniaria».
Più di recente è stato un altro caso a scatenare il dibattito sul suicidio assistito, quello della capsula Sarco. In seguito al suo utilizzo, che il mese scorso nel canton Sciaffusa ha portato alla morte una donna statunitense, diverse persone sono infatti state arrestate.




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