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CAMPIONE D'ITALIAIl «colpo di Stato» fra mito e realtà

26.01.24 - 11:42
Una serata di rievocazione storica per risaltare come, da circa un secolo, la vita dei campionesi sia intrecciata indissolubilmente al Casinò
Comune di Campione d'Italia
Fonte Comune di Campione d'Italia
Il «colpo di Stato» fra mito e realtà
Una serata di rievocazione storica per risaltare come, da circa un secolo, la vita dei campionesi sia intrecciata indissolubilmente al Casinò

CAMPIONE D'ITALIA - Si è tenuta giovedì 25 gennaio 2024, al settimo piano del Casinò di Campione d’Italia, la conferenza dal titolo ‘Campione, 27 gennaio 1944: mito e realtà del Colpo di Stato’. Una conferenza voluta dall’Amministrazione comunale e dalla casa da gioco campionese, nell’ottantesimo da quel particolare e curioso fatto per illustrare come da quasi un secolo a questa parte, la vita dei campionesi sia intrecciata a quella del casinò.
Folto il pubblico e la presenza di autorità fra cui il console italiano a Lugano Gabriele Meucci, il sindaco e la vicesindaco dell’enclave, Roberto Canesi e Tanina Padula, l’assessore Paolo Bortoluzzi, i consiglieri comunali Stefano Marzagalli, Rosalba Andresini, Giovanni Bonvecchio e Domenico Deceglie, il presidente e l’amministratore delegato del Casinò Mario Venditti e Stefano Silvestri, il comandante dei Carabinieri Michele Gerolin e il parroco, don Giorgio Spada, il sindaco di Bissone Andrea Incerti. Relatore della serata il prof. Marino Viganò affiancato dal giornalista Bruno Boccaletti.

Un curioso fatto storico - Tra le particolarità della storia secolare di Campiglione, ora Campione, sul Ceresio, iniziate nel 777, culminate nel ritrovarsi enclave del Milanese ducale dal 1512, dell’Italia contemporanea dal 1797 fra terre dei Cantoni elvetici, s’annovera, infatti, il cosiddetto «colpo di stato» del 27 gennaio 1944. Allora, in un’Italia contesa fra il Regio governo e quello della Repubblica sociale fascista, e per due terzi sotto occupazione del Reich nazista, tradizione vuole che un nucleo di «insorti» antifascisti si sia autonomamente svincolato dalla dipendenza della provincia di Como instaurando un’amministrazione allineata non più all’esecutivo di Salò, ma a quello di Brindisi, poi Salerno e Roma.

Il paese era isolato - Carte d’archivio, diari di protagonisti restituiscono, in realtà, una vicenda più sfaccettata, a tratti ambigua. È la congiuntura economica del paese, isolato, privo di risorse per la chiusura della Casa da gioco dal 14 marzo 1939, a spingere, dopo sterili trattative con la prefettura di Como per la riapertura del Casinò, un gruppo d’attivisti, dove a sinceri antifascisti s’affiancano figure meno limpide, a trovare una sponda presso gli Alleati statunitensi a Berna e a Lugano, offrendo, in cambio di fonti di sussistenza, il territorio per attività di spionaggio e di controspionaggio.
Inizia allora una parentesi affatto serena tra afflusso di autentici volontari per la libertà e di personaggi quantomeno discutibili, tra azioni partigiane effettive e traffici oscuri, nella quale più che gestire quella fase del conflitto si definiscono assetti politici, e affaristici, del dopoguerra.

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