Cerca e trova immobili
ZURIGO / LUGANO

"Il niqab non è una prigione"

Ahmed Sadaqat, imam della Moschea Mahmud di Zurigo e vice presidente della Ahmadiyya Muslim Jamaat Schweiz: "Velo simbolo di sottomissione nella tradizione cristiana più che nell'islam"
Foto d'archivio (Keystone)
"Il niqab non è una prigione"
Ahmed Sadaqat, imam della Moschea Mahmud di Zurigo e vice presidente della Ahmadiyya Muslim Jamaat Schweiz: "Velo simbolo di sottomissione nella tradizione cristiana più che nell'islam"
Il velo integrale, che di seguito chiameremo “niqab”, è un obbligo per la religione islamica? "Nell’Islam ci sono quattro scuole giuridiche principali (Hanbalita, Shafiita, Hanafita e Malikita) che hanno posizioni ...

Il velo integrale, che di seguito chiameremo “niqab”, è un obbligo per la religione islamica?
"Nell’Islam ci sono quattro scuole giuridiche principali (Hanbalita, Shafiita, Hanafita e Malikita) che hanno posizioni solo leggermente diverse rispetto al niqab. La scuola hanbalita e quella shafiita stabiliscono molto chiaramente che è “haram” (proibito) per una donna mostrare il volto e le mani. Quella hanafita e quella malikita, invece, sanciscono che una donna deve coprire il volto e le mani se c’è un pericolo di “fitna”, ovvero di tentazione o di seduzione. In questo periodo storico in cui le tentazioni sono sempre più presenti, secondo alcuni studiosi di queste ultime due scuole il velo integrale è obbligatorio sempre".

Riassumendo, quindi, possiamo dire che il niqab è obbligatorio per la religione.
"Sì, è obbligatorio".

Visto che coprire il volto è un precetto religioso, ritiene che il divieto di portare il niqab violi l’articolo 8 della Costituzione svizzera che vieta la discriminazione sulla base delle convinzioni religiose?
"Sì, certamente. Vietare il niqab alle donne musulmane in Svizzera è discriminatorio e viola completamente l’articolo 8 della Costituzione federale. Ciascun individuo ha il diritto di
praticare la propria religione e siccome il niqab rappresenta un obbligo religioso, vietarlo costituisce una discriminazione".

Non pensa che coprire il proprio volto in pubblico vada contro le abitudini e le tradizioni svizzere?
"Non credo che una donna musulmana che porta il niqab offenda le abitudini e le tradizioni svizzere. Le abitudini e le tradizioni svizzere sono l’apertura mentale e la neutralità, quest’ultimo un aspetto così conosciuto nel resto del mondo.  La Svizzera dovrebbe quindi rimanere neutrale e lasciare questa questione alle scelte individuali".

Lei, a livello personale, può capire le paure e i timori di chi chiede il divieto del niqab? Riesce a mettersi nei panni e capire quello che provano questi ticinesi quando vedono una donna completamente velata per strada?
"Quando arrivai in Svizzera, dodici anni fa, la società svizzera era completamente diversa da com’è ora. Era l’anno dell’attentato dell’11 settembre. Da allora i pregiudizi e i luoghi comuni sull’Islam e sulla comunità islamica stanno aumentando".

Sfortunatamente, ci sono dei segmenti della società svizzera che giocano un ruolo cruciale nella diffusione di questi luoghi comuni. Il loro obiettivo intenzionale è di creare uno stato di paura nella popolazione che sta determinando una spaccatura crescente fra i locali e la comunità musulmana. Questo può danneggiare la società e rovina il lavoro che è stato fatto finora per l’integrazione. Si tratta di segmenti della popolazione, partiti e membri di partiti che sono essenzialmente populisti: scegliendo questi temi populisti vogliono diventare popolari e conquistare i voti. Non è un comportamento onesto.

Il Ticino e la Svizzera hanno bisogno di una norma che vieti il niqab?
"È assolutamente inutile. Ci sono così tante altre questioni che andrebbero affrontate. Quante donne in Svizzera portano il niqab? Qualche turista e un piccolo numero d’altre".

I promotori dell’iniziativa ritengono che sia meglio agire prima che sia troppo tardi
"La comunità musulmana non dovrebbe essere privata della libertà religiosa. Questa norma, oltre a essere inutile, potrebbe danneggiare l’immagine del Popolo svizzero all’estero".

I promotori sostengono anche che coprire il volto sia un segno di sottomissione della donna e che offenda le dignità delle donne.
"È assurdo. Credo che queste persone non abbiano capito l’Islam e i suoi insegnamenti in modo corretto. Nella tradizione cristiana, per esempio, l’obbligo di coprirsi la testa è sì un segno di sottomissione della donna. Nella Prima lettera ai Corinzi, San Paolo afferma che l’uomo è il capo della donna e che quest’ultima dovrebbe coprirsi la testa in segno di sottomissione al proprio marito (Vedi Box). Nell’Islam, invece, il velo – sia esso solo sulla testa o anche sul volto – è un simbolo di castità, purezza e dignità della donna che lo indossa: attraverso di esso fa sapere di non essere interessata a uomini estranei".

Una donna musulmana con il volto coperto può interagire con degli uomini che non siano suoi familiari?
"Se necessario, una donna musulmana può parlare con estranei, può avere insegnanti maschi, può insegnare lei stessa a degli uomini, può andare a scuola e all’università. Il niqab non è una prigione. Nella tradizione, Aysha – la moglie del Profeta Maometto (la pace sia su di Lui) – era un’importante insegnante di religione e i seguaci del Profeta (la pace sia su di Lui) hanno detto: “Metà di quello che abbiamo imparato sull’Islam lo abbiamo imparato da Aysha”. Lei portava il niqab, ma insegnava a degli uomini che non erano suoi familiari.

Gli oppositori dell’iniziativa temono che il divieto del niqab porti alcune donne che lo indossano a non uscire più di casa. È una possibile conseguenza?
"È possibile. Ci sono mentalità diverse: c’è chi è davvero molto rigoroso e c’è chi è disponibile al compromesso. Se la norma passasse c’è chi direbbe: “Ok, adesso c’è questa legge, ma noi dobbiamo uscire comunque quindi dobbiamo venire a patti con la nuova norma”. Ma chi è davvero rigoroso potrebbe limitarsi e non uscire e questo non sarebbe giusto nei suoi confronti".

C’è chi teme che il divieto del niqab possa far scappare i turisti arabi dei Paesi del Golfo. Cosa ne pensa?
"Posso capire questo timore. Ci può essere una reazione da parte delle popolazioni dei Paesi musulmani. Anche se in quei Paesi c’è chi porta il niqab e chi no, comunque la maggioranza delle persone crede che per la religione sia un obbligo. Anche chi non lo porta sa che sarebbe prescritto, accetta di commettere un errore, ma sa che sarebbe un dovere religioso. Il divieto sarebbe percepito come una discriminazione nei confronti dei musulmani, potrebbe essere preso sul personale e il turista potrebbe dirsi: “Ok, se in quella regione c’è questo divieto allora io non ci vado”.

🔐 Sblocca il nostro archivio esclusivo!
Sottoscrivi un abbonamento Archivio per leggere questo articolo, oppure scegli MyTioAbo per accedere all'archivio e navigare su sito e app senza pubblicità.
Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
COMMENTI
NOTIZIE PIÙ LETTE