«La scusa del ritiro del telefono non è credibile»: condannato il patrigno abusatore

L'uomo dovrà scontare quattro anni di carcere. Un anno mezzo sospeso con la condizionale, invece, per la madre della vittima.
LUGANO - «L'imputato ha agito per motivi egoistici, seguendo le sue pulsioni sessuali e intimando il silenzio alla bambina. E la madre ha anteposto il suo benessere a quello della figlia». È con queste parole che stamattina alle Assise criminali di Lugano la giudice Monica Sartori-Lombardi ha annunciato la condanna di un 45enne del Luganese e di sua moglie 42enne. Tra il 2017 e il 2019 l'uomo avrebbe abusato sessualmente della sua figliastra 12enne, mentre la madre avrebbe costretto la bambina al silenzio.
Per l'imputato la Corte ha ordinato una pena di quattro anni di carcere, allineandosi alla richiesta della pubblica accusa, mentre per la moglie è stata ritenuta adeguata una pena di un anno e mezzo di detenzione sospeso con la condizionale per un periodo di prova di due anni.
«Per quanto attiene alla vittima, il suo racconto è emerso da quattro audizioni videofilmate», ha premesso la giudice. «È vero che nella prima audizione ha riferito solo di baci e toccamenti nelle parti intime, e che solo a partire dalla seconda ha raccontato l'episodio del rapporto sessuale completo. Ma le immagini videoregistrate valgono più di tante parole. Le sue paure, la sua postura e il suo pianto sono espressioni di una reale sofferenza e di un autentico vissuto».
Dolore e paura - È quindi emerso un «contesto di dolore, paura e volontà di dimenticare quanto subito. E la Corte ha seguito la pubblica accusa nel ritenere le successive audizioni come un completamento dei fatti».
«Non appare inoltre assolutamente verosimile che la ragazza abbia voluto aggravare la posizione processuale del patrigno», ha continuato Sartori-Lombardi. «Al momento della narrazione era appena 14enne ed era chiamata a raccontare dei fatti risalenti a quando aveva solo 12 anni. È notorio, poi, che sui giovanissimi non si possono applicare i criteri di credibilità previsti per un adulto», giudice Monica Sartori-Lombardi.
Altri telefoni e regali - Gli imputati, dal canto loro, «hanno ricondotto tutto a una ritorsione della bambina nei confronti del patrigno legata al ritiro del telefono». Giustificazione, questa, «che non è però risultata credibile, tanto più che è emerso che le sono poi stati regalati altri telefoni, oltre ad altri oggetti di lusso».
Per quanto riguarda invece la madre della vittima, «emerge come lei in realtà avesse creduto alla figlia per quanto concerne i baci e i toccamenti, definendo però gli accadimenti come "lievi e non gravi". La donna ha poi ammesso che preferiva vedere le cose in questo modo dato che la loro famiglia, già numerosa, si stava ulteriormente allargando e "le cose sarebbero diventate molto complicate"».
«Grande sofferenza» - In definitiva, per la Corte «la vittima ha dimostrato una grande sofferenza non solo per gli abusi subiti dal patrigno, ma anche per non essere stata ascoltata dalla mamma».
Per il patrigno, lo ricordiamo, la pubblica accusa aveva chiesto quattro anni di carcere, mentre per la madre aveva proposto due anni sospesi con la condizionale. La difesa, per entrambi, aveva chiesto l'assoluzione.




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