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PIERO MARCHESI

Difendere la nostra sovranità o consegnarla a Bruxelles? Il tempo delle scelte è arrivato

Piero Marchesi, Presidente UDC Ticino
Ti-Press
Fonte Piero Marchesi
Difendere la nostra sovranità o consegnarla a Bruxelles? Il tempo delle scelte è arrivato
Piero Marchesi, Presidente UDC Ticino

Le Camere federali si troveranno presto davanti a una decisione che segnerà il destino del nostro Paese: sui nuovi accordi con l’UE: referendum obbligatorio o facoltativo?

Il Consiglio federale, i partiti di sinistra e il PLR scelgono la via più comoda: il referendum facoltativo. L’UDC, invece, chiede ciò che la nostra Costituzione e il nostro spirito nazionale impongono: il referendum obbligatorio, con la doppia maggioranza di popolo e Cantoni. Il Centro non ha ancora deciso in merito.

Non si tratta di un dettaglio tecnico. Si tratta della libertà della Svizzera. Per i Bilaterali I e II, il referendum obbligatorio non fu richiesto: erano accordi di cooperazione, pragmatici, circoscritti. Ma oggi la posta in gioco è diversa. Questa volta non si tratta di un semplice accordo bilaterale – come in malafede continuano a ripetere Economiesuisse, Swissmem e il PLR – bensì di un accordo istituzionale, la prima tappa di una futura adesione all’Unione Europea. Certo, perché se avremo leggi e tribunali stranieri, saremo membri passivi dell’UE e l’adesione sarà la logica conseguenza.

Un accordo che prevede l’adozione automatica del diritto europeo, mascherata da “dinamicità”, parola elegante che nasconde la verità: le nostre principali leggi verrebbero scritte a Bruxelles e non più a Berna. E, come se non bastasse, le controversie con l’UE sarebbero giudicate da un tribunale vincolato alla giurisprudenza della Corte di giustizia europea. Giudici stranieri, principi stranieri, leggi straniere.

Eppure, nel 1291, i nostri avi scelsero un’altra via. Rifiutarono con coraggio di piegarsi ai potenti. Scelsero di essere liberi, di vivere sotto le proprie leggi, di decidere da soli il proprio destino. Ora, più di sette secoli dopo, alcuni vorrebbero consegnare quella libertà – faticosamente costruita e gelosamente custodita – in nome di una “miglior collaborazione con Bruxelles”.

Parliamo di oltre 2'200 pagine di accordi, e di più di 22'000 se si includono tutte le trasposizioni nel diritto svizzero. Un labirinto giuridico che minaccia di soffocare la nostra sovranità. Alla faccia della riduzione della burocrazia quotidianamente richiamata proprio dai liberali.

E il PLR? Il PLR, un tempo baluardo del federalismo e della libertà, oggi si accontenta del referendum facoltativo. Sa bene che non sarà lui a raccogliere le 50'000 firme necessarie. Sa bene che, se nessun altro lo farà, se non lo farà l’UDC, il popolo non verrà neppure interpellato. E accetta questa eventualità con indifferenza, come se la voce del popolo fosse un fastidio, non un fondamento della nostra democrazia.

L’UDC, invece, difende ciò che fa della Svizzera un Paese unico al mondo: la libertà del suo popolo di decidere. Con il referendum obbligatorio, la parola tornerebbe al popolo e ai Cantoni, come è giusto che sia per un trattato che tocca la nostra indipendenza, la nostra giustizia e la nostra identità.

Se non ora, quando mai dovremmo esigere la doppia maggioranza? Se non per questa battaglia, quando mai difenderemo la nostra sovranità? Chi rinuncia a far parlare il suo popolo rinuncia alla propria essenza. Chi delega a Bruxelles le decisioni, rinuncia alla propria libertà. E allora, la domanda che resta è semplice, ma terribilmente chiara: vogliamo restare padroni a casa nostra o diventare sudditi di Bruxelles?

Agli elettori del PLR e di tutti i partiti che oggi guardano con timore e tristezza a questa deriva, diciamo con forza: non è troppo tardi. Unitevi all’UDC. Unitevi a chi ancora crede nella Svizzera libera, indipendente e sovrana. Combattiamo insieme questa battaglia per il futuro del nostro Paese e per quello dei nostri figli. Perché dopo sarà tardi per i rimpianti.

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