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AUTO STORICHE

Lancia Stratos – L’arte di vincere

Gandini, Fiorio, Dallara. Solo questi tre nomi messi assieme non possono che far nascere un capolavoro su quattro ruote, tanto affascinante nell’aspetto quanto imbattibile nei rally. Per il suo quarantesimo compleanno ne abbiamo guidata una.
auto illustrierte KLASSIK
Lancia Stratos – L’arte di vincere
Gandini, Fiorio, Dallara. Solo questi tre nomi messi assieme non possono che far nascere un capolavoro su quattro ruote, tanto affascinante nell’aspetto quanto imbattibile nei rally. Per il suo quarantesimo compleanno ne abbiamo guidata una.
RICORDI - È un rumore che si sente già da lontano. Molto lontano. Lo si riconosce subito perché è diverso da qualsiasi altro quattro cilindri che si arrampica a più non posso su per questi tornanti: infatti di ...

RICORDI - È un rumore che si sente già da lontano. Molto lontano. Lo si riconosce subito perché è diverso da qualsiasi altro quattro cilindri che si arrampica a più non posso su per questi tornanti: infatti di cilindri non ne ha due, ma sei. Fa un freddo cane, quassù, ma questo non impedisce all’adrenalina e all’entusiasmo di affiorare tra il pubblico non appena quello strano oggetto cuneiforme rivestito dalla livrea Alitalia sfreccia a più non posso davanti ai loro nasi per poi nascondersi dietro la prossima curva, con l’inconfondibile rombo del V6 che riempie ogni spazio vuoto della vallata. Questa è un’immagine di una qualsiasi prova speciale del Rally di Monte Carlo del 1976 in cui le Stratos occuparono i primi tre posti della classifica, o eliminando il freddo del periodo invernale potrebbe anche essere il Rally di Sanremo dello stesso anno in cui si aggiudicarono addirittura i primi quattro posti. Una vicenda, quella della Stratos, che vede una vera e propria opera d’arte su quattro ruote, tecnicamente fuori dagli schemi, vincere tutto quello che c’era da vincere nel mondo dei Rally: 3 titoli mondiali e 3 titoli europei consecutivi dal 1974 al 1976, 82 Rally vinti e 14 vittorie nel mondiale. Diventando così l’auto più temuta dalla concorrenza e la più amata dal pubblico, di cui ancora oggi si parla con l’entusiasmo dell’epoca.

PADRI AUTOREVOLI - Tutto iniziò nell’autunno del 1970 al salone di Torino. In quell’edizione Bertone espose un prototipo avveniristico opera del suo designer/progettista Marcello Gandnini,  all’epoca già conosciuto e acclamato per aver dato forma a quel capolavoro della Lamborghini Miura. Questo prototipo si chiamava Stratos Zero: basato sulla Fulvia HF, aveva il noto V4 montato centralmente ed era possibile accadervi tramite il parabrezza anteriore. Nulla a che vedere con un’auto producibile in serie, ma il responsabile della divisione sportiva Cesare Fiorio intravvede in quell’automobile destinata a far scalpore ai saloni una potenziale erede dei successi sportivi della Fulvia HF. Così venne organizzato un incontro tra il citato Cesare Fiorio, Nuccio Bertone e l’allora capo del marchio Lancia Pierugo Gobbato che nel 21 febbraio del 1971 decretò ufficialmente la nascita della progetto Stratos. I due prototipi che seguirono e anticiparono la fisionomia del modello definitivo: con il prototipo del ’70 avevano in comune solo alcuni dettagli della linea cuneiforme, tutto il resto era completamente inedito. Nelle fasi di progettazione Fiorio si trovò di fronte ad un grosso problema in quanto occorreva un motore che potesse sostituire il noto “millesei” della Fulvia HF ormai giunto al tramonto. Qualche anno prima, più precisamente nel 1969, FIAT acquistò Lancia è acquisì pure il controllo di Ferrari, combinazione grazie alla quale nella Stratos trovò posto il 2,4 litri V6 con bancate a 65° da 190 cavalli della Dino. Della messa a punto di telaio e sospensioni si occuperà poi un certo signor Dallara, coadiuvato dal collaudatore Claudio Maglioli e l’ingegnere nonché ex pilota di Formula 1 Mike Parkes.

NEL MOMENTO SBAGLIATO - Tra le armi vincenti della Stratos v’è sicuramente il suo sviluppo finalizzato alle competizioni sfruttando appieno il regolamento del Gruppo 4: almeno due posti, almeno 400 esemplari prodotti per uso stradale. Così a differenza delle altre vetture da competizione che fino ad allora erano derivate dalle grande serie, nel caso della Stratos fu la versione stradale a derivare da quella che raccoglieva vittorie a destra e a manca con Sandro Munari e Björn Valdegard. Anche Alex, il gentile proprietario dell’esemplare che ci ha concesso di poter guidare, è stato affascinato dal concetto che sta a monte della Stratos: “Era un’auto sportiva bellissima, tipicamente italiana nell’aspetto, incredibilmente futuristica. Era costosa, certo, ma l’aura che l’avvolgeva grazie ai suoi successi sportivi non faceva altro che aumentarne la desiderabilità. Ebbe solo il problema di nascere nel bel mezzo della crisi petrolifera, motivo per il quale parecchi esemplari rimasero invenduti nei piazzali di Torino: io stesso la acquistati direttamente a Torino ben due anni dopo la fine della produzione, e furono talmente contenti di “liberarsene” che mi invitarono addirittura a pranzo.” L’esemplare che vedete nelle foto è stato infatti acquistato nuovo da Alex nel 1978 e da allora non ha mai pensato di separarsene. Attente cure e tanta passione che lo portarono addirittura tra i cordoli dei circuiti nei primi anni in cui la possedeva hanno fatto si che arrivasse in splendida forma ai giorni nostri. E quando mi cede il posto di guida, l’emozione sale.

GUIDARLA: CHE ESPERIENZA! Il fatto che il cliente stradale rappresentasse allora l’ultima delle priorità è chiaro non appena si prende posto nell’angusto abitacolo. La posizione di guida per esempio è disassata con la pedaliera ubicata ben più a destra rispetto a sedile e volante, chi ha le gambe lunghe fatica a sterzare in quanto lo spazio tra il volante e la gamba destra è praticamente inesistente e i più alti dovranno tenere la testa leggermente inclinata a causa della particolare forma arrotondata del parabrezza. Ergonomia zero, ma dettagli corsaioli ovunque cada l’occhio: tanti manometri per tenere d’occhio i parametri più disparati, pedali predisposti per il punta-tacco e degli ampi vani nelle portiere appositamente realizzati per appoggiarvi il casco. Non è proprio quel tipo di automobile che mette immediatamente a proprio agio. Da subito si riesce però ad apprezzare sia il cambio a cinque rapporti con la prima in basso a sinistra, sia la spinta vigorosa e l’elasticità del V6 Ferrari, docile ai bassi regimi e quasi commovente superati i quattromila giri al minuti, dove il forte rumore d’aspirazione e la sinfonia dei tre carburatori Weber a doppio corpo  si esprime  a meno di mezzo metro dal tuo orecchio destro. È però saggio accostare l’ottimismo quando con il piccolo volante bisogna affrontare qualche curve impegnativa. L’avantreno leggerissimo s’infila subito nella volta alla ricerca del punto di corda, ma il passo cortissimo (appena 2,18 metri) oltre a renderla agilissima è anche la causa del suo comportamento – come dire – bizzarro. Quando le velocità crescono l’handling è caratterizzato da un costante nervosismo che si riflette nei cambi di direzioni rapidissimi ma insidiosi nonché nel brusco e imprevedibile passaggio dal sottosterzo al pericoloso sovrasterzo nelle curve più veloci. “Con la Stratos bisogna fare tanta attenzione perché la differenza tra essere “veloci” e “troppo veloci” è davvero sottile”, conferma il proprietario dall’alto dei suoi 40'000 chilometri d’esperienza con la Lancia a motore a centrale.

EROI AL VOLANTE - Guidare una Stratos oggi, a quarant’anni esatti dalla sua nascita, è un’esperienza davvero speciale e anacronistica. Cattura gli sguardi di tutti i passanti e di tutti gli automobilisti, alcuni dei quali si interrogano su quale auto sia e altri che fanno un cenno d’approvazione coscienti del fatto che essendo stata prodotta in meno di 500 esemplari non ne vedranno più una molto presto. Chi invece siede al posto di guida vede il mondo esterno nonché quello automobilistico con altri occhi. Forse non necessariamente più nostalgici ma sicuramente più cosciente di cosa significasse guidare un’automobile come questa, per non parlare del vincere una gara. Perché oggigiorno quando porto al limite tra i cordoli una moderna supercar da 500 cavalli mi sento un bravo pilota, ma anche solo ad avvicinarsi al limite di un’automobile come una Stratos c’è da sentirsi davvero degli eroi.

 

SCHEDA TECNICA

ModelloLancia Stratos
Versione 
Motore6 cilindri a V, benzina, aspirato
Cilindrata2'418 cc
Potenza190 cv @ 7'000 giri/min.
Coppia226 Nm @ 4'000 giri/min.
TrasmissioneCambio manuale a 5 rapporti, trazione posteriore
Massa a vuoto980 kg
Accelerazione 0-100 km/h6 secondi
Velocità massima230 km/h
Periodo di produzione1973 - 1975
Esemplari prodotti498
Costo all'epoca38'500 CHF
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