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CANTONE“Mio figlio abusato dai compagni di scuola”

01.10.15 - 07:59
Abusi nel bagno di un istituto del Luganese. "Ci sentiamo abbandonati", sostiene la madre
“Mio figlio abusato dai compagni di scuola”
Abusi nel bagno di un istituto del Luganese. "Ci sentiamo abbandonati", sostiene la madre

LUGANO - I bagni di un istituto scolastico cattolico del Luganese sono stati il teatro di una brutta vicenda. Si tratta di una storia delicata. Da informazioni da noi raccolte due minori hanno obbligato un loro coetaneo a praticare sesso orale. In questo caso l’orco si cela sul banco accanto. "Mio figlio di 11 anni – ci racconta la mamma di Angelo (nome di fantasia) – per un problema di deficit dell’attenzione (Qi nella norma) ha avuto alcune difficoltà nella scuola pubblica. Ho dunque deciso di spostarlo in una struttura protetta".

Gli abusi - Già, ma "mio figlio, a gennaio, mi ha fatto un'atroce confidenza. Due compagni di scuola lo hanno infatti preso nei bagni, obbligato a spogliarsi e costretto a un rapporto orale. E non è stato un singolo episodio, ma questi atti sono accaduti più e più volte". La mamma, su consiglio del pediatra, lo toglie immediatamente dall’istituto. La scuola ha sminuito i fatti, dicendo che forse il bambino si era inventato tutto, che avrebbe frainteso alcuni atteggiamenti dei compagni.

Sarà. Ma pochi giorni dopo la donna si reca in polizia a fare denuncia: "Mi hanno interrogata per quasi tre ore. Alla fine mi hanno detto che avrebbero sentito in seguito anche mio figlio. Ma da quel giorno io non li ho più sentiti. Ho tentato di sollecitarli più volte, senza avere risposte. Ci sentiamo abbandonati". Contattiamo allora la Magistratura dei minorenni: "Non abbiamo ancora ricevuto il dossier, in alcuni ambiti la polizia è probabilmente oberata di lavoro", ci dicono. Dopo la nostra chiamata qualcosa si è mosso. La madre è stata sentita dai magistrati. I punti di domanda sono comunque tanti: perché le autorità preposte non hanno immediatamente avvisato la magistratura? Perché la direzione della scuola dove sono avvenuti i fatti non è ancora stata ascoltata dagli inquirenti? E per quale motivo la vittima, dopo 8 mesi, non ha potuto ancora raccontare la sua versione dei fatti? Molti sono gli interrogativi ancora aperti attorno a questa triste vicenda.

Aiuto alle vittime, sempre presente - Le vittime di abusi possono ricorrere a un ufficio che le aiuta a gestire al meglio il torto subito. Si chiama Servizio per l’aiuto alle vittime di reato. Li contattiamo per capire quale via deve seguire una persona che ha subito qual si voglia abuso. "L’articolo 8 della Lav parla chiaro – ci dicono –: le autorità di perseguimento penale informano la vittima in merito all’aiuto alle vittime e a determinate condizioni ne trasmettono il nome e l’indirizzo al consultorio". Cosa però, che nel caso da noi esposto, non è accaduta. La madre ci ha infatti riferito che solo grazie all’intervento di un’amica è arrivata al Servizio. Ma andiamo avanti. Chiediamo un caso pratico: "Per esempio quando si verifica una violenza domestica e si viene a creare una misura di allontanamento, le vittime sono ascoltate dalla polizia. Gli inquirenti a qual punto devono rendere noto il nostro servizio. Inoltre, in caso di minori, va ricordato che non possono essere convocati più di due volte dalle autorità".

Parola di criminologo – Un dubbio, in tutta questa vicenda, ci assale: e se i carnefici fossero loro stessi delle vittime? Lo chiediamo al criminologo ticinese Michel Venturelli. “I due ragazzini che hanno fatto una cosa del genere sono probabilmente stati loro stessi delle vittime di una situazione abusante o che da loro è stata vissuta come tale. Ecco, questa è la ragione per la quale la violazione dell’articolo 8 della Lav da parte della polizia non è grave… è gravissima”.

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