Social e posta sotto esame: cosa cambia per i viaggiatori svizzeri negli USA

La misura in discussione riguarda chi intende soggiornare negli Stati Uniti fino a 90 giorni senza visto e che necessitano di un’autorizzazione Esta
BERNA / WASHINGTON - La notizia è circolata oggi: gli Stati Uniti stanno valutando regole di ingresso più severe per la Svizzera. I viaggiatori dovranno, tra le altre cose, dichiarare le proprie attività sui social media, eventualmente risalendo fino a cinque anni prima.
Nuovi controlli più rigorosi - Chi desidera partire dalla Svizzera verso gli Stati Uniti potrebbe presto trovarsi di fronte a controlli di sicurezza molto più rigorosi. L’Agenzia statunitense delle dogane e della protezione delle frontiere (CBP) ha proposto di imporre ai viaggiatori provenienti da tutti i Paesi aderenti al Programma Visa Waiver – tra cui Svizzera, Germania, Austria e numerosi Stati dell’Unione Europea – l’obbligo di rendere note le proprie attività sui social media degli ultimi cinque anni. La proposta, pubblicata martedì nel Federal Register, sta suscitando discussioni a livello internazionale.
Social media e indirizzi mail - La misura riguarderebbe tutte le persone che intendono soggiornare negli Stati Uniti fino a 90 giorni senza visto e che necessitano quindi di un’autorizzazione Esta. Finora, i richiedenti devono fornire solo dati di base, come informazioni di contatto e una persona da avvisare in caso di emergenza. In futuro, tuttavia, la lista potrebbe ampliarsi sensibilmente: oltre alla verifica dei post sui social media degli ultimi cinque anni, verrebbero raccolti anche gli indirizzi e-mail degli ultimi dieci anni, oltre a informazioni dettagliate sui familiari.
Gli esperti parlano di un «cambiamento di paradigma» - Per i cittadini svizzeri, che ogni anno si recano negli Stati Uniti centinaia di migliaia di volte, le nuove regole avrebbero conseguenze concrete. Lo studio legale Fragomen, specializzato in diritto dell’immigrazione, mette in guardia contro tempi di attesa più lunghi e controlli approfonditi più frequenti. Il nuovo approccio costituirebbe un vero e proprio «cambiamento di paradigma»: invece di limitarsi alla verifica di fatti oggettivi, le autorità potrebbero in futuro valutare anche dichiarazioni online e decidere a propria discrezione se concedere o negare l’ingresso.
Le opposizioni del settore - L’iniziativa si inserisce inoltre in un pacchetto di ulteriori misure allo studio del governo statunitense. È prevista, ad esempio, l’introduzione di una “tassa di integrità del visto” di 250 dollari – non applicata ai viaggiatori del Visa Waiver. Il settore dei viaggi, però, si oppone con forza ai nuovi ostacoli: oltre venti organizzazioni internazionali del turismo hanno avvertito, in una lettera, che tali tasse e controlli più severi potrebbero scoraggiare milioni di potenziali visitatori. Si tratta di un rischio particolarmente rilevante in vista di grandi eventi come i Mondiali di calcio del prossimo anno.
Anche i garanti della privacy sono preoccupati - La Electronic Frontier Foundation critica la misura, sostenendo che i controlli sui social media non sarebbero né efficaci né proporzionati. Invece di individuare potenziali terroristi, rischierebbero di limitare la libertà di espressione e di violare la privacy dei viaggiatori e dei loro familiari negli Stati Uniti. Nulla è ancora definitivo: il pubblico ha ora sessanta giorni di tempo per esprimere la propria opinione. Se però i piani verranno approvati, la CBP prevede un’introduzione graduale nei prossimi mesi.



