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LUGANO

Quando il rinnovo diventa sfratto: viaggio nella crisi abitativa luganese

Rinnovi impossibili e affitti alle stelle: il futuro incerto di migliaia di inquilini. Tante le domande, tra cui: «Chi potrà ancora permettersi un appartamento?»
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Quando il rinnovo diventa sfratto: viaggio nella crisi abitativa luganese
Rinnovi impossibili e affitti alle stelle: il futuro incerto di migliaia di inquilini. Tante le domande, tra cui: «Chi potrà ancora permettersi un appartamento?»

LUGANO - Appartamenti in affitto a prezzi sempre più folli. Stabili vetusti che avrebbero urgente bisogno di essere rinnovati. E interi quartieri popolati da edifici degli anni Sessanta e Settanta. In una Lugano dove i proprietari alzano le pigioni a ritmi serrati, migliaia di inquilini convivono inconsapevolmente con una minaccia silenziosa: il rischio concreto di uno sfratto imminente.

«Questi edifici - spiega Sergio Rovelli, pianificatore REG A di Planidea SA di Rivera - sono entrati in un ciclo di necessità di rinnovo. E un rinnovo di stabili di questo tipo è quasi impossibile da effettuare in presenza degli inquilini».

Si punta a inquilini sempre più ricchi - Spesso sono le stesse società proprietarie degli stabili a metterli in vendita: ristrutturarli sarebbe troppo costoso. Si cerca così l’investitore immobiliare disposto, nella maggior parte dei casi, a demolire e ricostruire ex novo. Nascono poi complessi spesso di alto standing, destinati a essere venduti o affittati a prezzi più elevati. Sorte che, secondo una stima di Planidea, potrebbe spettare all’80% dei «circa 22mila alloggi» definiti a pigione sostenibile presenti nei quattro agglomerati del cantone.

«Chi vende vuole monetizzare, chi compra cerca un ritorno economico rapido. È la legge del mercato», prosegue Rovelli. Il rischio? Una densificazione incontrollata e la conseguente gentrificazione. Zone come Molino Nuovo, Pregassona, Viganello - nate con edilizia popolare e relativamente densa durante il boom economico - sono le più a rischio.

Mentre il ceto medio si impoverisce - «Nei quartieri interessati, mantenere pigioni accessibili e qualità della vita sarà casuale, a meno che non intervenga l’ente pubblico con regole chiare per un rinnovo urbano equilibrato», sottolinea l’ingegnere. «È preferibile un approccio collaborativo: l’ente pubblico fornisce un quadro giuridico favorevole e, in cambio, gli investitori privati si impegnano a mantenere pigioni sostenibili sul mercato».

Anche perché, così facendo, gli inquilini più poveri verranno allontanati dalle città. Un fenomeno che porta con sé diversi interrogativi. Tra cui: «Vi saranno abbastanza inquilini ricchi per riempire i nuovi alloggi? E dove andranno quelli più poveri? A ingrossare le fila dei pendolari e quindi a generare più traffico nelle città? Un effetto che non fa comodo a nessuno», critica Rovelli. «Non contribuisce a rendere più vivibili le città». Ecco perché sarebbero necessarie delle regole per un rinnovo urbano di qualità, dove per qualità non si intende quella dei materiali e delle finiture di lusso degli immobili. «Ma quella dell’ambiente costruito nel suo insieme: spazi liberi e verdi, traffico di transito ridotto, disponibilità di servizi di prossimità, presenza di alloggi adatti a fasce d’età e di reddito diversificate. Solo con un “patto” tra investitori ed ente pubblico questi obiettivi possono essere raggiunti».

Il rischio gentrificazione è reale - La conferma di questo andamento arriva anche da Raoul Ghisletta, capo Dicastero Immobili della Città di Lugano. Secondo le stime, «a Lugano circa un quinto degli alloggi privati offerti a prezzi molto bassi sono probabilmente immobili vetusti», afferma.

Sul rischio di gentrificazione ricorda gli studi fatti nel 2010 e il Piano cantonale dell’alloggio: le risposte politiche, però, non sono mai state attuate. «A breve termine la situazione può sembrare stabile, ma a medio termine il rischio esiste, come lo dimostrano i recenti casi a Zurigo o a Breganzona».

Concretamente, dunque, cosa si potrebbe fare per mantenere le pigioni moderate? «L’ente pubblico deve investire, come ha fatto Zurigo con le sue quattro fondazioni - di cui l’ultima creata nel 1990 con un capitale di 50 milioni di franchi - per alloggi a prezzi accessibili. È l’unico modo serio per agire sul mercato, sottraendo una parte dei terreni e degli immobili alla speculazione privata».

«Serve coraggio politico» - C’è poi il problema della densificazione “sregolata”: al posto di una vecchia casa sorgono più palazzine, spesso a scapito della qualità complessiva dell’ambiente costruito. «Il difetto del Piano regolatore in vigore a Lugano è che prevede praticamente solo zone con edifici a sette piani. Tornare indietro è complesso e costoso. Lo si fa con la lista di beni culturali e con i piani particolareggiati. Un caso emblematico su cui i servizi comunali stanno lavorando è il caso del quartiere storico di Montarina: questo grazie all’intervento della Società ticinese arte e natura, come pure a una mozione approvata dal Consiglio comunale. Per avere spazi verdi e parchi giochi la Città deve investire. È molto importante farlo, come è importante avere il coraggio di contestare le politiche finanziarie di austerità che limitano questi investimenti», conclude Ghisletta.

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