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Più sistemi per versare paghe italiane

Li avrebbe elaborati il titolare della Consonni Contract di Chiasso. E gli operai «avevano paura di perdere il lavoro». Lui non ci sta
TiPress - foto d'archivio
Più sistemi per versare paghe italiane
Li avrebbe elaborati il titolare della Consonni Contract di Chiasso. E gli operai «avevano paura di perdere il lavoro». Lui non ci sta
LUGANO - «Ogni mese andavamo a restituire i soldi ricevuti in eccesso». È quanto spiega il capo degli operai. Lo stesso che aveva fornito parte della documentazione che aveva dato il la all’inchiesta nei confronti della Conso...

LUGANO - «Ogni mese andavamo a restituire i soldi ricevuti in eccesso». È quanto spiega il capo degli operai. Lo stesso che aveva fornito parte della documentazione che aveva dato il la all’inchiesta nei confronti della Consonni Contract di Chiasso. Si tratta della vicenda di «grave dumping salariale», come l’aveva definita il sindacato OCST nel 2016, che oggi è approdata alle Criminali di Lugano. Davanti alla Corte, presieduta dal giudice Mauro Ermani, dovrebbero esserci otto imputati, ma tre sono assenti.

A mente dell’accusa, rappresentata dalla procuratrice Chiara Borelli, il titolare della società - chiamato a rispondere di usura aggravata - avrebbe elaborato sei sistemi per versare retribuzioni italiane agli operai assunti in Svizzera. Si parla in particolare della restituzione di parte del salario, ma anche di un conteggio fittizio delle ore di lavoro. Questo per far apparire le retribuzioni conformi ai contratti collettivi di lavoro.

«I sistemi sono stati ideati dal titolare» sostiene il capo degli operai, anche lui seduto al banco degli imputati per usura. «La prima volta è accaduto quando mi trovavo su un cantiere a Ginevra, aveva spiegato che l’azienda non poteva supportare un determinato salario». Ma il titolare non ci sta e controbatte: «Non ha alcun senso, mi è stato proposto da lui di assumere in Svizzera versando però uno stipendio più basso».

La situazione non avrebbe comunque mancato di generare del malcontento tra gli operai, come afferma in aula il loro capo: «Uno di loro si era lamentato, ma aveva paura di perdere il lavoro se avesse denunciato il fatto: quello che prendevano era comunque sufficiente per mantenere la famiglia». E aggiunge: «Ho però sempre detto a tutti che chiunque avesse denunciato la situazione avrebbe avuto il mio sostegno». Tra gli operai ci sarebbe anche stato chi non aveva nessuna intenzione di restituire l’eccedenza, finendo poi per essere licenziato.

Con l’adozione di queste modalità, come si evince dall’atto d’accusa, l’azienda avrebbe ottenuto appalti per oltre 27 milioni di franchi in diversi alberghi di lusso.

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