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Dibattiti ridotti in Parlamento

Via libera da parte del plenum: «L'obiettivo non è comprimere il confronto politico, bensì di migliorarlo»
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Dibattiti ridotti in Parlamento
Via libera da parte del plenum: «L'obiettivo non è comprimere il confronto politico, bensì di migliorarlo»

BELLINZONA - Ridurre i tempi di parola per accelerare i lavori parlamentari

L'esito - Con 45 voti favorevoli (34 contrari e 2 astenuti), l’aula ha dato l’ok al rapporto parlamentare che, di fatto, sposa l’iniziativa parlamentare, in forma elaborata, presentata da Giuseppe Cotti e Paolo Caroni (il Centro), insieme con Alain Bühler (Udc), Simona Genini (Plr), Andrea Giudici (Udc), Cristina Maderni (Plr) e Amalia Mirante (Avanti con Ticino e Lavoro).

«Comprimere i tempi non significa attaccare il diritto di parola» - L’obiettivo dichiarato, si legge nel documento, «non è quello di comprimere il confronto politico, bensì di migliorarlo, favorendo l’essenzialità, la chiarezza e la sintesi. Si intende evitare sovrapposizioni, ripetizioni e lungaggini che spesso appesantiscono il dibattito, senza aggiungere contenuti sostanziali». Non un attacco, quindi «al diritto di parola» né alla «democraticità del dibattito». La proposta «garantisce una rappresentanza piena e rispettosa della pluralità politica».

«Si rafforza la democraticità del processo legislativo» - Sulla stessa lunghezza d’onda il rapporto di maggioranza della commissione Costituzione e leggi. Per la relatrice Roberta Passardi (Plr), «le proposte non solo rafforzano la democraticità del processo legislativo, assicurando che le diverse voci politiche siano ascoltate e rispettate, ma promuovono anche un uso più strategico e valorizzante del tempo disponibile durante le discussioni parlamentari».

«Mantenere lo status quo» - Per la minoranza della commissione, «qualsiasi proposta di modifica dei tempi di parola significa intervenire sostanzialmente sull’essenza del Parlamento». La proposta, quindi, era mantenere lo status quo: «Non sempre le discussioni in Gran Consiglio confermano le posizioni uscite dalle commissioni, segno che dibattere ha ancora un senso. Abbiamo vissuto situazioni dove i rapporti di forza sono cambiati e con loro l’esito della decisione, proprio a seguito della discussione svoltasi nel plenum».

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