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Luca, schiavo delle scommesse a 22 anni

Tra illusione di controllo e rischio di dipendenza. Quando da piccole somme si finisce in una spirale deleteria.
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Fonte Stella N'Djoku
Luca, schiavo delle scommesse a 22 anni
Tra illusione di controllo e rischio di dipendenza. Quando da piccole somme si finisce in una spirale deleteria.

LUGANO - Luca* è un ragazzo come tanti. Un 22enne che ama lo sport e segue il calcio da quando era bambino. Conosce statistiche, schemi tattici, rendimento dei giocatori e persino le condizioni meteo che possono influenzare una partita. Quando ha scoperto le scommesse sportive, provarci gli è sembrato naturale: «non è solo fortuna», pensava, «è abilità».

La storia che ci racconta Ingrado è la storia di molti. All’inizio tutto sembra sotto controllo. Luca spende qualche franco alla volta, giusto per rendere «più interessante» la partita della domenica: una schedina da 3 franchi, una da 5, a volte anche una piccola vincita. Settimana dopo settimana, però, le giocate aumentano. Non tanto nell’importo della singola scommessa, quanto nella frequenza: tre franchi oggi, cinque domani, dieci nel weekend.

Piccole somme che, sommate, a fine mese diventano cifre ben più consistenti. Oggi Luca dedica ore a studiare quote, forum e pronostici, spesso rinunciando a uscire con gli amici. Ogni partita non è più un momento di svago, ma un’occasione per scommettere, per “recuperare” la perdita precedente o inseguire la vincita successiva.

Un fenomeno sempre più diffuso tra i giovani - La storia di Luca non è un caso isolato. «Sempre più giovani si avvicinano alle scommesse sportive, attratti dalla promessa di un guadagno facile e convinti di poter “battere le probabilità” grazie alla conoscenza del mondo sportivo», ci spiegano da Ingrado. Eppure, anche quando l’esperienza è reale, il risultato resta imprevedibile. «È il principio stesso del gioco d’azzardo: un’attività in cui il caso ha sempre l’ultima parola».

Le scommesse sportive possono trasformarsi così in «una forma di dipendenza comportamentale che, pur travestita da “passione sportiva”, presenta le stesse caratteristiche di altre dipendenze: perdita di controllo, bisogno crescente di giocare, irritabilità quando si tenta di smettere, conseguenze economiche e sociali sempre più pesanti».

Secondo lo studio eGames, condotto tra il 2018 e il 2021 da Dipendenze Svizzera e GREA, il 15,1% degli intervistati ha dichiarato di aver effettuato scommesse sportive online nell’anno della ricerca, una quota rimasta stabile rispetto al 2018. Il profilo tipico dello scommettitore è prevalentemente maschile (85,4%) e con un’età compresa tra i 18 e i 39 anni (61,5%).

Tra chi scommette regolarmente, il 24,2% gioca almeno una volta a settimana, con una spesa media mensile di circa 100 franchi. La quota di persone che mostra un comportamento di gioco a rischio moderato o problematico raggiunge il 17,9% del campione. Un dato particolarmente significativo riguarda l’illusione di controllo: il 16,2% degli scommettitori ritiene che il risultato dipenda principalmente dalla propria abilità personale.

L’illusione di controllo: il meccanismo più insidioso - «Le scommesse sportive sono spesso percepite come una sfida logica, un esercizio di analisi e intuizione - prosegue Ingrado -. In realtà, anche con studio e preparazione, l’esito di una partita resta imprevedibile. Un errore arbitrale, un infortunio, una giornata storta: basta poco per ribaltare qualsiasi pronostico».

L’illusione di controllo è uno dei meccanismi psicologici più insidiosi del gioco d’azzardo. «Si crede di dominare la sorte, ma in realtà si finisce per esserne dominati. Questa distorsione cognitiva porta a sopravvalutare il proprio ruolo negli esiti casuali e rinforza la convinzione che "la prossima volta andrà meglio"».

I segnali da non sottovalutare - I campanelli d’allarme sono spesso sottili, ma riconoscibili: «Pensieri ricorrenti legati alle scommesse, irritabilità quando non si gioca, tentativi falliti di “limitarsi”, bugie per nascondere le perdite o il denaro speso». Con il tempo, la scommessa smette di essere un divertimento e diventa una necessità.

Le conseguenze si estendono alle relazioni sociali, allo studio e al lavoro, con il rischio di perdere — oltre al denaro — anche tempo, energie e serenità.

Chiedere aiuto è possibile - «La psicoeducazione e la psicoterapia cognitivo-comportamentale possono essere strumenti efficaci per ridurre il gioco compulsivo e ristabilire un equilibrio. Nei casi più complessi, è possibile attivare una presa in carico multidisciplinare», conclude Ingrado. «Come per molte altre dipendenze, il primo passo è riconoscere il problema. Il secondo è chiedere aiuto, senza vergogna né paura».

Per maggiori informazioni o per richiedere un supporto professionale, anche in forma anonima e gratuita, è possibile rivolgersi a Ingrado – Servizi per le dipendenze, Settore Disturbi comportamentali GAT-P: www.ingrado.ch.

. *nome di fantasia

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