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LAURA LEGRENZIAllevamenti intensivi, quello che scegliamo oggi determina il mondo di domani

30.08.22 - 16:23
Laura Legrenzi, membra del Comitato verdi liberali Ticino
Laura Legrenzi
Allevamenti intensivi, quello che scegliamo oggi determina il mondo di domani
Laura Legrenzi, membra del Comitato verdi liberali Ticino

Il 25 settembre siamo chiamati a votare su quattro temi. I Verdi Liberali dicono un chiaro Sì a ognuno di questi: sì alla riforma dell’imposta preventiva, sì al finanziamento supplementare dell’AVS mediante aumento dell’Iva, sì alla riforma dell’imposta preventiva e sì all’iniziativa sull’allevamento intensivo.

È bene specificare e sottolineare chiaramente che quest’ultimo argomento non vuol essere un dibattito sull’alimentazione vegetariana/vegana e quella onnivora. Non vuol essere nemmeno una discussione animalista portata all’estremo. Non si vuole questionare o convincere a cambiare le proprie abitudini alimentari e a modificare il proprio carrello della spesa.
Dire no agli allevamenti intensivi significa avere una coscienza ed essere umani.

Purtroppo il corso della storia e della socialità ha drasticamente modificato il nostro modo di acquistare e consumare determinati alimenti: i nostri nonni, una volta, e, per alcuni, anche i nostri genitori, avevano la consuetudine di mangiare carne o pesce una volta la settimana (al massimo). Al mutare dei mezzi di produzione e di distribuzione di massa le cose sono cambiate notevolmente e la nostra alimentazione è mutata insieme a essi.

Grandi catene, grandi fast food, grandi supermercati, grande velocità: le nostre tavole e le nostre abitudini si sono radicalmente trasformate. Mangiare prodotti di origine animale è diventato sempre più semplice e quotidiano.

Curiosi a tal proposito alcuni spot pubblicitari di un tempo: millantavano hamburger in grado di far diventare più forti. Passava così il messaggio che mangiare carne fosse “una cosa da duri”. Poco importava la provenienza o la qualità del prodotto. Questa spinta impetuosa a un’alimentazione di origine animale incentivava una produzione di carne sempre più automatizzata, sempre più rapida, sempre più efficiente. Lungi dall’essere paragonabile a quella che i nostri nonni creavano in valle.

Si è tanto incoraggiato il consumo di carne e pesce (e di altri prodotti di origine animale) che la domanda è aumentata esponenzialmente e risultava così insostenibile una produzione “casalinga”. Le aziende agricole sono nel tempo diminuite (da 70'000 a meno di 55'000 dall’inizio del secolo). Il numero di animali detenuti a scopo industriale è aumentato di circa la metà. Nel 2021 più di 80 milioni di animali sono stati ingrassati e uccisi.

Piano piano gli allevamenti sono diventati fabbriche. Purtroppo però, al loro interno, non si producono oggetti. Si allevano animali, esseri senzienti che provano dolore e sofferenza. Che hanno degli occhi. Gli animali non sono oggetti. Non sono stati creati per soddisfare le nostre “esigenze” e il nostro appetito sempre più insaziabile e vorace.

Questa iniziativa vuole sensibilizzarci per un ritorno alla genuinità, ai prodotti di una volta, alla familiarità. Qualità che il nostro paese difende con orgoglio.

Il progresso è un principio da sostenere, ma non può essere definito tale se ci rende insensibili al maltrattamento, se ci porta via l’empatia.

Il benessere e la dignità degli animali sta a cuore a tutti, solo che probabilmente troppo spesso non siamo davvero consapevoli di quello che compriamo e mangiamo. Troviamo tutto pronto e impacchettato sugli scaffali del supermercato e non abbiamo tempo ed energie per soffermarci sulla provenienza di quello che stiamo per acquistare. È comodo. Il mondo cresce, cambia, si sviluppa così in fretta che non ce ne accorgiamo nemmeno. Diventiamo inconsapevoli. Mettiamo il pilota automatico, anche nelle nostre scelte quotidiane.

Gli animali hanno il sacrosanto diritto di passare del tempo all’aria aperta, di non soffocare ammassati uno sull’altro, di avere uno spazio vitale adeguato. Oggi solo il 12% di loro ha la possibilità di uscire regolarmente. Hanno diritto anche a una morte dignitosa. Manca certo loro la parola e sopportano senza poter dire nulla, ma non sono prodotti. Non sono oggetti.

Il 93% dei polli vivono in pollai che non gli consentono nemmeno di vedere il cielo. Dieci maiali convivono in una superficie pari a un posteggio per una vettura. I manzi sono detenuti in mandrie troppo grandi e si trasmettono facilmente malattie. Tutto questo può e deve finire: le aziende toccate da questa iniziativa andranno ristrutturate e avranno sufficiente tempo per farlo.

Negli ultimi anni sempre più libri, documentari e persone di spicco e del mondo dello spettacolo hanno cercato di riportare a galla la nostra coscienza e la nostra consapevolezza.

Gli allevamenti intensivi sono una realtà. Un realtà crudele che ha seguito l’esigenza di una domanda sempre più elevata di carne e pesce. Riportiamo il focus di attenzione all’umanità. Dovremmo chiederci: non è forse meglio fare qualche passo indietro, verso la genuinità, verso la qualità piuttosto che la quantità?

Questa risposta porta benessere a tutti, non solo agli animali. Un consumo e una produzione più sostenibile e rispettosa giova e gioverà anche alle nostre famiglie, al nostro pianeta, alla nostra salute. La qualità della carne ottenuta nel nome della dignità dell’animale sarà, senza dubbio, superiore comparata con quella che deriva dal buio, dalla sofferenza e dal dolore.

Gli allevamenti intensivi somigliano più a fabbriche che a fattorie e, come ogni fabbrica, mirano al profitto piuttosto che alla cura del singolo.

Domandiamoci come viene prodotto e da dove arriva quello che portiamo a tavola: antibiotici, rischi sanitari e pandemici. Come può tutto questo essere salutare?
È forse vero che ci sarà un piccolo aumento dei prezzi. È forse vero che alcuni sceglieranno di acquistare altrove. Ma quanto vale la civiltà? Quanto vale il rispetto per il nostro pianeta, per gli animali e per la nostra salute? Quanto vale il futuro che lasceremo in mano ai nostri figli e nipoti?

Finalmente la tendenza si sta invertendo e possiamo scegliere se cavalcare l’onda del cambiamento verso un mondo migliore oppure no. Assistiamo a menu sempre più attenti alle diverse esigenze e intolleranze, a prodotti alternativi nei supermercati, a marchi bio e a km zero: ci stiamo pian piano rendendo conto di dover invertire la marcia.

È vero, la legislazione oggi vigente in Svizzera è fra le migliori d’Europa, ma ancora non basta. Il nostro paese è motivo di orgoglio ed è sicuramente all’avanguardia su molteplici argomenti. È un modello da imitare e da prendere come esempio. Ma su questo tema possiamo fare di più, possiamo fare meglio. Possiamo essere un’apripista. Possiamo stimolare una riflessione sull’argomento e incoraggiare anche altri paesi a evolversi. Questo è progresso. Questa è salute. Questa è dignità. Questo è il futuro.

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