«Il suo desiderio era quello di riprendersi Zali», condannata l'ex diventata stalker

Per la 40enne una pena di tre mesi di detenzione sospesa in favore di un trattamento ambulatoriale psichiatrico.
BELLINZONA - «È una campagna denigratoria e molesta che configura il reato di coazione sotto forma di stalking» quella messa in atto nel corso del 2023 ai danni di Claudio Zali e della sua allora compagna Simona Genini dalla 40enne ticinese processata oggi a Bellinzona. Lo ha stabilito stasera la Pretura penale, giudicando la donna colpevole di tentata estorsione, coazione tentata e consumata, diffamazione e ingiuria.
La 40enne, che per anni avrebbe avuto una relazione intima con il consigliere di Stato, è stata condannata a una pena detentiva di tre mesi sospesa a favore del proseguimento di un trattamento psichiatrico ambulatoriale. Dovrà inoltre risarcire Genini con una somma simbolica di 1'000 franchi.
«Affermazioni gravemente lesive» - «L'imputata ha ammesso da subito le sue azioni», ha detto la giudice Elettra Orsetta Bernasconi Matti, «ed è pacifico che tutte le affermazioni gravemente lesive e maldicenti agli atti realizzano il reato di ingiuria, rispettivamente di diffamazione».
Il desiderio della 40enne «era quello di ottenere la fine della relazione tra Zali e Genini e di riprendersi l'oggetto amato a lei sottratto. In questo contesto di reiterata e pesante delegittimazione dei querelanti si è inserita poi la richiesta di denaro formulata a giugno 2023, che adempie le condizioni della tentata estorsione».
«Nessuna empatia» - La colpa della donna è quindi stata giudicata come grave «per il genere e per il numero dei reati commessi, in un clima ascendente e senza grande assunzione di responsabilità». E anche durante il processo odierno la 40enne «ha fatto prevalere un atteggiamento vittimistico, spostando la responsabilità sui querelanti e senza mostrare alcuna empatia verso l'accusatrice privata Genini (presente in aula ndr.)», ha sottolineato Bernasconi Matti.
Nella commisurazione della pena, è stato infine precisato, la Corte ha tenuto conto sia della lieve scemata imputabilità sia dell'alto rischio di recidiva rilevati dal perito psichiatrico.
Durante il dibattimento svoltosi questa mattina, lo ricordiamo, la pubblica accusa aveva chiesto tre mesi di detenzione sospesi con la condizionale per un periodo di cinque anni, più un trattamento ambulatoriale psichiatrico, mentre la difesa aveva spinto per il proscioglimento dai reati di coazione e tentata estorsione e proposto due mesi di detenzione sospesi per due anni, più il trattamento.