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Stalking e ricatti sessuali, parla l'ex di Zali: «Ho agito per rabbia»

La donna, che sostiene di aver avuto una relazione con il consigliere di Stato per ben sette anni, avrebbe perseguitato lui e la sua allora compagna Simona Genini.
Tipress (simbolica)
Stalking e ricatti sessuali, parla l'ex di Zali: «Ho agito per rabbia»
La donna, che sostiene di aver avuto una relazione con il consigliere di Stato per ben sette anni, avrebbe perseguitato lui e la sua allora compagna Simona Genini.

BELLINZONA - «È vero, ho diffamato e ingiuriato. Ho agito per rabbia, perché ho un vissuto con Claudio Zali e ho accumulato per anni». È quanto ha dichiarato oggi alla Pretura penale di Bellinzona una 40enne ticinese, presunta ex partner del consigliere di Stato, accusata di tentata estorsione, coazione tentata e consumata, diffamazione e ingiuria.

I fatti risalgono al 2023 e la donna avrebbe agito come una stalker sia nei confronti di Zali che della sua allora compagna nonché granconsigliera Simona Genini. Si parla, oltre che di valanghe di insulti e di riferimenti a condotte disonorevoli, anche di minacce di pubblicazione di foto e video intimi.

Per la 40enne la pubblica accusa ha chiesto una pena di tre mesi di detenzione sospesi con la condizionale per un periodo di cinque anni, più un trattamento ambulatoriale psichiatrico. La difesa ha invece spinto per due mesi di detenzione sospesi condizionalmente per due anni, più il trattamento. La sentenza è attesa per le 17.45 odierne.

«Sono una ragazza fragile» - «Non vorrei essere etichettata come una pazza, tutti possono vivere le situazioni che ho vissuto io», ha detto l'imputata in aula, giustificando l'enorme quantità di mail, messaggi e post social in cui si è scagliata contro Zali e Genini. «Ho perso la ragione, sono una ragazza fragile e mi sono arrabbiata tantissimo. In questo momento non saprei neanche dare un senso a quello che ho fatto...e non lo rifarei».

La 40enne ha quindi sottolineato di vivere male il procedimento penale. «Ho passato metà della mia vita nei manicomi. E voi siete qua a prendervela con una ragazza come me, con numerosi disturbi».

L'imputata si è peraltro detta contraria a risarcire la querelante Genini, la quale ha precisato di voler devolvere la somma a un'associazione che opera in supporto delle vittime di stalking. «Non sono nella condizione finanziaria. Sono in invalidità, quindi la signora Genini dovrebbe mostrare un minimo di empatia».

«Incessante campagna denigratoria» - La parola è poi andata alla pubblica accusa. «I fatti emergono in tutta la loro evidenza dalle fotocopie delle mail e dei post pubblicati sui social media», ha detto il procuratore generale Andrea Pagani. «L'imputata ha tentato di limitare la libertà di due persone politicamente esposte e con cariche importanti, ponendo una seria minaccia alla loro immagine pubblica, con tutto ciò che ne consegue».

Nel gennaio del 2023 «la donna ha iniziato la sua incessante e pressante campagna denigratoria, utilizzando epiteti di indegno e ignobile tenore». E a giugno vi sarebbe stato il tentativo di estorsione.

«Ha chiesto per due volte 700 franchi agli accusatori privati. Soldi, questi, che pretendeva per la cancellazione di un tatuaggio asseritamente eseguito in zona inguinale raffigurante la scritta "Claudio", nonché per il valore di alcuni telefoni da lei stessa distrutti». La richiesta di denaro «veniva quindi accompagnata dalla minaccia di pubblicare un presunto video intimo che avrebbe fatto fare brutta figura a lui e a Genini e degli screenshot dai quali si può presumere che Zali avesse cercato l'imputata telefonicamente e che avesse visualizzato un suo video intimo».

Dieci mesi di stalking - Per quanto concerne invece il reato di coazione, «per dieci mesi l'imputata ha messo in atto uno stalking nei confronti di entrambe le vittime, con lo scopo malato di riottenere le attenzioni di Zali, che aveva invece in atto una relazione con Genini».

La 40enne, in particolare, ha cercato un contatto telefonico con Genini con una frequenza definita «quasi maniacale», tentando di contattarla anche tramite social media e passando poi alla pubblicazione di post e storie lesive.

«Minacciava di pubblicare foto e video intimi dei due, taggando anche persone a loro vicine sul piano politico», ha spiegato Pagani, precisando che «queste azioni assillanti sono state messe in atto con un'impressionante serialità, costringendo i due politici a convivere con il timore».

«Imbarazzante spregiudicatezza» - In definitiva, secondo la pubblica accusa, «l'imputata ha dipinto due figure pubbliche con imbarazzante spregiudicatezza e come persone da disprezzare. Ha messo in piazza epiteti vergognosi nei confronti dei querelanti offendendoli in relazione alla loro vita intima e sessuale. Ha agito per soldi e per mettere fine alla loro relazione, con lo scopo di riguadagnare asserite passate attenzioni».

Pagani ha quindi proposto una pena detentiva di tre mesi sospesa con la condizionale per un periodo di cinque anni, più un trattamento psichiatrico ambulatoriale. «Non chiediamo una pena pecuniaria poiché è in concreto pacifico che la 40enne non potrebbe verosimilmente pagarla, visto che si trova in assistenza. La pena viene proposta come sospesa perché negli ultimi mesi ha smesso di inquinare la vita degli accusatori privati, ma vogliamo un periodo di condizionale di lunga durata per affievolire il rischio di recidiva».

«Un'umiliazione ripetuta che tocca la sfera intima» - Sulla stessa lunghezza d'onda l'avvocato Edy Salmina, rappresentante dell'accusatrice privata Simona Genini, che ha chiesto un risarcimento simbolico di 1'000 franchi. «L'imputata ha messo in atto una persecuzione sistematica volta a generare il massimo danno possibile. Il reato faro di questo caso è quello di coazione, cioè quello di stalking. E sottolineo che è più che un torto quello che è stato subito: è un'umiliazione ripetuta che tocca la sfera intima e privata e che ha inflitto una sofferenza enorme».

Parla Simona Genini - A esprimersi, tra le lacrime, è stata poi la stessa Simona Genini. «Poche conclusive parole per dire la mia sofferenza. Per mesi ho subito, mentre l'imputata ha ossessivamente e ripetutamente messo in piazza i miei dettagli più intimi, usando il mio corpo come un'arma, il mio cuore come un bersaglio, il mio imbarazzo come un coltello e la mia autorità come una clava. Questa situazione ha profondamente fatto soffrire non solo me ma anche mio figlio. Per difendermi ho scelto di denunciare e sono qui davanti a tutti per dire di me, e perché il silenzio non protegge. Stare zitta davanti alle ingiustizie non è mai stato il mio modo di stare nel mondo, e combattendo pubblicamente contro il male che ho subito spero di alleviare la mia sofferenza».

«Vittima anche lei» - La difesa, dal canto suo, ha esordito citando la scrittrice e poetessa Alda Merini. «"Due cose portano alla follia, l'amore e la sua mancanza"», ha detto l'avvocato Ivan Marci. «Secondo me in questo procedimento vi è un'altra vittima oltre agli accusatori privati, ed è la qui imputata. Dico questo non per cercare un vittimismo, ma perché qui davanti a voi c'è una donna emotivamente fragile».

«Si è sentita usata, tradita e manipolata» - In questo contesto, «è andato a instaurarsi un rapporto passionale e impetuoso tra lei e l'onorevole Zali, un rapporto che, per come si è strutturato e come è terminato, ha condotto la mia assistita a sentirsi usata, tradita e manipolata», ha continuato Marci. In virtù di questo, la 40enne «si è trovata oltre i limiti della sua capacità di autocontrollo, e questo l'ha portata a dare sfogo, in maniera incontrollata, alla sua frustrazione».

L'avvocato ha quindi osservato che «per definire come si è sviluppata la relazione tra la mia cliente e il consigliere di Stato non possiamo che attenerci a quanto da lei detto, in quanto l'onorevole ha rifiutato di entrare nel merito».

«Diverse donne, tutte in situazioni di fragilità» - L'imputata avrebbe conosciuto Zali nel novembre 2015 e l'avrebbe frequentato in maniera continuativa fino a novembre 2022. «La relazione era incentrata sul sesso e il rapporto era manipolatorio, teso a sviluppare una dipendenza, tanto che l'onorevole avrebbe indotto la mia assistita a tatuarsi il suo nome in zona inguinale. Sono inoltre diverse le donne che frequentava Zali, si può parlare in questo senso di un vero e proprio harem. Tutte loro avevano poi profili molto simili: vivevano situazioni di fragilità, chi in un senso chi in un altro».

«Sapevano che non c'era alcun video» - Marci ha chiesto quindi il proscioglimento della donna dai reati di coazione e estorsione. In particolare, per quanto riguarda quest'ultimo: «Difetta completamente l'elemento dell'intensità della richiesta e della serietà della minaccia che la accompagna. L'attività estorsiva si è ridotta in due mail ed è durata un'ora e 27 minuti, in un contesto in cui l'onorevole Genini riceveva ormai da sei mesi vagonate di messaggi, mail e post dal tenore più vario e disparato. Sono poi convinto che Genini e Zali fossero consapevoli che il video intimo che la mia assistita minacciava di pubblicare di fatto non esisteva».

La difesa si è infine detta d'accordo sulla pena detentiva sospesa, ritenendo però due anni come un periodo di condizionale più adeguato: «La prognosi è positiva», ha concluso Marci.

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