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BELLINZONA

Sberle a un passeggero, parla l'agente della polizia ferroviaria: «È tutto inventato»

I fatti sono accaduti alla stazione di Bellinzona. La vittima ha riportato varie tumefazioni e un setto nasale deviato.
Tipress (simbolica)
Sberle a un passeggero, parla l'agente della polizia ferroviaria: «È tutto inventato»
I fatti sono accaduti alla stazione di Bellinzona. La vittima ha riportato varie tumefazioni e un setto nasale deviato.

BELLINZONA - «L'accusatore privato si è inventato tutto. Non c'è mai stata alcuna sberla». È quanto ha sostenuto oggi al Tribunale penale federale il 35enne ticinese agente della Polizia ferroviaria accusato di aver colpito al volto un passeggero, con almeno quattro sberle, durante un controllo svolto il 30 maggio 2023 alla stazione di Bellinzona.

L'uomo è accusato di lesioni semplici e abuso di autorità. È inoltre emerso che, per quest'ultima ipotesi di reato, ha un'altra procedura penale aperta presso il Ministero pubblico cantonale.

Sulle tracce di un ricercato - Il giorno dei fatti, è stato spiegato in aula, il 35enne stava aiutando dei colleghi nella ricerca di uno spacciatore che si trovava sul treno S10 di passaggio a Bellinzona.

«Sapevamo che il ricercato si trovava in prima classe e che indossava un cappellino», ha dichiarato l'imputato. «A un certo punto io e miei colleghi abbiamo notato tre persone, due ragazzi e una ragazza, che si trovavano in uno stato fisico palesemente alterato: dormivano e puzzavano fortemente di alcol. La descrizione dello spacciatore corrispondeva inoltre all'aspetto di uno di loro, così li abbiamo svegliati».

«Mi ha insultato a più riprese» - Ed è qui che inizia tutto. «Abbiamo chiesto i documenti di identità. Uno di loro li ha consegnati subito, mentre la ragazza e l'accusatore privato hanno opposto resistenza», ha sottolineato il 35enne. «Quest'ultimo mi ha insultato a più riprese e ha detto, toccandosi i genitali, "cercatelo da solo il documento", così io ho preso i suoi bagagli e l'ho accompagnato sul binario. Lui si è avvicinato a me, continuando a insultarmi con epiteti in spagnolo come "m*****n" e "hijo de p**a". Io gli continuavo a dire di stare fermo ma lui non ascoltava e mi ha detto "Che c***o vuoi da me?"».

A questo punto la versione dell'agente e quella del passeggero e del suo amico (diventato testimone) iniziano a divergere in maniera sostanziale. E sui binari della stazione, apprendiamo, non sono presenti telecamere. A complicare ulteriormente il tutto è poi il fatto che le pattuglie della Polfer sono provviste della bodycam solo da settembre 2024.

«Nessuna sberla, l'ho messo a terra» - Stando ai due, dopo quel "che c***o vuoi?" l'agente avrebbe colpito il giovane con una sberla, forte a tal punto da farlo svenire e cadere a terra, e l'avrebbe poi ammanettato. Al contrario, il 35enne sostiene di aver unicamente atterrato il passeggero perché «aveva cercato di eludere il controllo e di allontanarsi», e di averlo ammanettato «per la mia e la sua sicurezza». Tutto ciò, ha sottolineato, «era proporzionale e legale», e «non c'è mai sta alcuna sberla».

«Continuava a colpirmi» - Dopo questa prima fase, gli agenti hanno condotto i passeggeri all'Ufficio della polizia dei trasporti situato all'interno della stazione. E, secondo quest'ultimi, il 35enne avrebbe sferrato almeno altri tre ceffoni all'accusatore privato. «Io ero ancora ammanettato e l'agente continuava a colpirmi con delle sberle in faccia», ha dichiarato il passeggero. «Urlava "Adesso cosa fai?!", "Ora non fai più il figo" e, appena mi muovevo, "Chi c***o ti ha detto di muoverti?!". Poi sono caduto a terra e sono scoppiato a piangere».

«Non è assolutamente vero», ha replicato dal canto suo l'agente. «Dentro l'ufficio li abbiamo fatto sedere e chiesto nuovamente i documenti. Poi ho tolto le manette all'accusatore privato, abbiamo perquisito i due uomini e i bagagli ed eseguito il test dell'alcolemia».

Reazioni sospette - «Quindi sia l'accusatore privato che il suo amico dicono bugie?», ha chiesto la giudice Fiorenza Bergomi. «Assolutamente sì», ha detto il 35enne. «Lui piangeva, l'amico urlava e minacciava di denunciarvi e la ragazza è andata in iperventilazione. Mi viene difficile pensare, viste le reazioni, che non sia successo nulla», ha insistito la giudice. «Capita, quando una persona è alterata dall'alcol», si è limitato a commentare l'agente.

«Fermo proporzionato» - La Corte si è quindi soffermata sulle ferite riportate dalla vittima e rilevate nel referto dell'Ospedale Civico di Lugano: un trauma cranico minore, molteplici escoriazioni superficiali, una tumefazione al viso e un setto nasale deviato.

«Queste sarebbero le conseguenze della sua manovra di atterramento?», ha chiesto la giudice. «Tutte no, alcune sono riconducibili all’attività di arti marziali che pratica il giovane», ha detto l'agente, aggiungendo che «può comunque capitare che una persona, durante un atterramento, picchi la faccia, e le ferite sono conformi a un fermo proporzionato».

Il procuratore federale Sergio Mastroianni, dal canto suo, ha chiesto che l'uomo venga riconosciuto colpevole di abuso di autorità e lesioni semplici. La pena richiesta, di natura pecuniaria e sospesa con la condizionale per un periodo di prova di due anni, è di 8'900 franchi, più una multa di 1'000 franchi.

«Erano tranquilli» - «Ciò che succede all'interno del treno è stato ripreso dalla videosorveglianza ed è una situazione di assoluta tranquillità. I tre giovani dormono e sono in perfette condizioni fisiche, se non per le birre che avevano bevuto durante il festeggiamento di un matrimonio. E anche dopo il risveglio non vi è stato alcun comportamento aggressivo, ma collaborativo e senza eccessi».

Ciò che è invece accaduto sul marciapiede del binario, per la pubblica accusa, emerge dalle testimonianze delle persone presenti e dai referti medici.

«Persona violenta, quell'insulto l'ha fatto scattare» «L'imputato ha tirato una sberla al passeggero in una reazione sproporzionata. Quel "che c***o vuoi" l'ha fatto scattare, perché non c'è stato alcun tentativo di allontanarsi. Questa è la dimostrazione che abbiamo a che fare con una persona violenta che ha voluto imporre la sua superiorità fisica. La situazione, considerato che ci troviamo di fronte a un agente di esperienza, che è anche istruttore della Scuola di polizia, doveva essere gestita meglio». Risulta inoltre «certo», secondo Mastroianni, il nesso tra l'azione violenta e le ferite riportate dal passeggero.

«Non hanno collaborato» - A parlare è infine stata la difesa, che ha chiesto il proscioglimento del 35enne. «Questo è un processo indiziario e gli elementi che abbiamo sono pochi, perché non ci sono video di quel che è accaduto al di fuori del treno. Evitiamo dunque di tirare conclusioni avventate», ha esordito l'avvocato Andrea Bersani. «I tre, va poi sottolineato, non hanno collaborato. Avessero dato subito i loro documenti nemmeno sarebbero scesi dal treno».

«Gli altri non hanno visto nulla» - Secondo l'avvocato, la pubblica accusa si starebbe inoltre appoggiando in maniera eccessiva sulla testimonianza dell'amico della vittima. «Ha fornito delle dichiarazioni non lineari, mentre la ragazza non ha visto nulla e il collega dell'imputato non ha visto nulla. Sono tutti ciechi? O peggio, tutti bugiardi? Non credo. Io penso che questi ragazzi, probabilmente irritati dalla situazione, abbiano sporto denuncia per vendetta».

Bersani ha infine sottolineato che i tre si sono recati all'ospedale solo tre ore dopo i fatti, intorno alle 18, «quando sarebbero potuti andare subito». Determinati segni «potrebbero poi essere compatibili con l'attività di thai box che questo ragazzo svolgeva».

La sentenza è attesa per il prossimo 3 marzo.

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