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CANTONE«Onorevole De Rosa, mi aiuti: io vittima di una traduzione errata»

12.12.23 - 08:31
Un giovane ucraino scrive al Consigliere di Stato. Dopo avere tentennato di fronte a un appartamento, adesso rischia grosso.
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«Onorevole De Rosa, mi aiuti: io vittima di una traduzione errata»
Un giovane ucraino scrive al Consigliere di Stato. Dopo avere tentennato di fronte a un appartamento, adesso rischia grosso.

BELLINZONA - Di fronte alla proposta di entrare in quell’appartamento senza riscaldamento ha tentennato due minuti di troppo. E ora chiede aiuto a Raffaele De Rosa per evitare di «essere spedito in Polonia». Chissà cosa avrà pensato il Consigliere di Stato, direttore del Dipartimento della sanità e della socialità, quando negli scorsi giorni si è visto recapitare una lettera firmata da un 18enne ucraino. Il giovane attualmente vive in un bunker ticinese. «Sono nei guai a causa di traduzioni approssimative», sostiene. 

Nelle mani di un interprete – La vicenda di questo ragazzo fuggito da Kharkov lancia un tema di non poco conto. I funzionari che hanno a che fare con i rifugiati ucraini (e non solo) si affidano completamente a interpreti. Cosa succede se un interprete elabora una traduzione aggiungendo giudizi personali? Il ragazzo, accompagnato da amici ticinesi, ha accettato di raccontare il suo vissuto a Tio/20Minuti. E parla proprio di una situazione del genere.

«Sapevo di non avere una seconda scelta» – A fine ottobre, il giovane visita un appartamento del Bellinzonese. Con lui, un funzionario e una traduttrice. Il ragazzo, che ha problemi respiratori, nota subito che non c’è il riscaldamento. La padrona gli fa intendere che metterà delle stufette per l’inverno. «Io resto un attimo bloccato. E chiedo di poterne parlare con mia madre, che vive ancora in Ucraina, e con un dottore. Il mio non era un rifiuto. Volevo solo rassicurazioni. Sapevo che per legge non avrei potuto avere una seconda scelta». 

«Sbeffeggiato» – La padrona, inizialmente amichevole, cambia toni. E chiede indietro le chiavi. «Allo stesso tempo la traduttrice mi sbeffeggia. Mi dice che sono grande e che non ho bisogno della mamma per decidere. Non capendo l’italiano, io non so cosa abbia riportato la traduttrice alla proprietaria». 

«Nel mio Paese a combattere» – Due settimane più tardi, il giovane si ritrova presso l’Ufficio richiedenti l'asilo e rifugiati a Bellinzona. Presenti un altro funzionario e un’altra traduttrice. «La nuova traduttrice mi dice che ho temporeggiato troppo e che dovrei essere nel mio Paese a combattere. Non penso che fosse la traduzione di quanto espresso dal funzionario. Impossibile».

La firma – A quel punto il ragazzo sarebbe stato quasi forzato a firmare il rifiuto dell’appartamento. «La traduttrice mi ha detto che per loro l’appartamento era comunque considerato rifiutato. E che se non avessi firmato, avrei avuto meno giorni per cercarne uno nuovo a mie spese. E che sarei finito in Polonia». 

Lo stallo e l'incertezza – Il giovane, sconsolato, va allo sportello regionale per l’integrazione di Lugano e racconta l’accaduto. Da qui parte un ricorso che tiene in stallo la sua situazione. «L’incertezza è totale. Alcuni amici ticinesi mi hanno aiutato a scrivere la lettere a De Rosa. Spero davvero in un suo intervento».    

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