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SVIZZERA

«UBS potrebbe considerare di abbandonare la Svizzera»

Roman Studer (ASB): con troppe regole anche «rischio acquisizione». Ma l'AD Ermotti: UBS resta punto di riferimento dell'economia svizzera
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«UBS potrebbe considerare di abbandonare la Svizzera»
Roman Studer (ASB): con troppe regole anche «rischio acquisizione». Ma l'AD Ermotti: UBS resta punto di riferimento dell'economia svizzera

Sulla scorta di quanto accaduto con il crollo di Credit Suisse del 2023, il tema resta sempre quello: come prevenire problemi di stabilità al gigante UBS e quali tutele mettere in atto in caso di emergenza? Il Parlamento se ne occuperà nei prossimi giorni e «a maggio scopriremo nel dettaglio come saranno strutturate le bozze di regolamento». Lo spiega al Tages Anzeiger il presidente dell'Associazione svizzera dei banchieri (ASB), Roman Studer.

L'ex direttore del dipartimento Affari governativi Svizzera presso UBS conosce bene la questione e, pur ammettendo la necessità di avere «un centro finanziario forte», spiega che si dovrebbe cominciare con l'«utilizzare gli strumenti» già esistenti, perché - e il pensiero va alla crisi del CS - «l'autorità di vigilanza non ha sempre sfruttato appieno le sue risorse». Dunque, occhio a non elaborare una struttura di regole troppo onerose ma sì alla necessità di implementare «norme più severe sulla responsabilità dei dirigenti di alto livello» e «mezzi più efficaci per prevenire gli abusi».

Richieste eccessive di capitale e «un'ondata di regolamentazione»

Quali dunque gli strumenti per migliorare la stabilità dei UBS? E qui si arriva al centro del problema, per così dire, perché è da stabilirsi la quantità di capitale aggiuntivo che UBS deve detenere per prevenire il rischio di un'altra crisi bancaria.

«UBS deve già detenere 17-19 miliardi di franchi di capitale in più rispetto a prima - spiega ancora al quotidiano zurighese Studer, che poi aggiunge: «Se in casi estremi, dovesse raccogliere altri 25 miliardi di franchi svizzeri per le sue filiali estere, ciò avrebbe delle conseguenze». Detto in altre parole, la questione è che se le richieste alla mega-banca fossero troppo pesanti («se UBS dovesse detenere molto più capitale rispetto ai suoi concorrenti stranieri»), ci potrebbero essere delle conseguenze. Ed ecco che il presidente dell'Associazione svizzera dei banchieri sgancia la "bomba".

«I requisiti di massima stabilità potrebbero anche comportare che UBS debba prendere in considerazione scenari come l'abbandono, nell'interesse della propria sostenibilità», ergo anche lasciare la Svizzera, aggiungendo che «c'è anche il rischio di un'acquisizione». Minaccia o scenario possibile, viene da chiedersi. Puntuale arriva la risposta del manager: «Bisogna essere consapevoli che non esiste una probabilità pari a zero per questi scenari», insomma tutto è «possibile».

Ermotti: «UBS punto di riferimento dell'economia in Svizzera»

E se - contattata da Reuters - UBS non commenta la prospettiva messa sul tavolo da Roman Studer, va precisato che i dirigenti del gigante bancario hanno sempre sottolineato la centralità della Svizzera nel loro progetto post acquisizione. Come del resto ha ribadito nelle scorse ore l'Amministratore Delegato del gruppo UBS. Sergio Ermotti, sentito da RSI, ha infatti ammesso che «dovremo rinunciare a circa 3mila posti di lavoro in Svizzera» ma ha chiarito che «UBS intende rimanere un punto di riferimento dell’economia svizzera».

In che modo? Investendo nelle «prossime generazioni» con «2’300 collaboratori in formazione», anche se - è bene prenderne atto - «la grande crescita che vedremo nel prossimo futuro, arriverà sempre e ancora dall’Asia e dagli Stati Uniti».

Quanto infine alle regole, per il numero uno di UBS «serve applicare in modo efficace quelle già esistenti» e trovare «il giusto equilibrio», per «proteggere il sistema, senza soffocare la competitività delle banche svizzere».

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