«Uccisa in quanto donna che non obbediva»: chiesti 19 anni per il marito, il carcere a vita per il cognato

La pubblica accusa spinge per una condanna per assassinio per i due fratelli srilankesi che a Chiasso hanno brutalmente ucciso una 40enne.
LUGANO - «Fosse accaduto una decina di anni fa non avremmo mai scoperto questo assassinio. Poteva essere il delitto perfetto». A dirlo, alle Assise criminali, è stata la procuratrice pubblica Chiara Buzzi, che ha chiesto la condanna per assassinio sia per il marito che per il cognato della 40enne uccisa l'11 novembre 2024 a Chiasso.
E le richieste di pena sono tutt'altro che leggere: per il marito, che ha ammesso i fatti, la pubblica accusa ha proposto 19 anni di carcere, più l'espulsione dalla Svizzera per 15 anni. Per il cognato, invece, è stata chiesta la detenzione a vita, più l'espulsione per 15 anni.
Per quest'ultimo, ha detto Buzzi, «una pena di 20 anni (il massimo che può essere dato in Svizzera come pena numerica definita) non basterebbe. Non darebbe conto del totale disprezzo per la vita da lui dimostrato».
«È stato un femminicidio» - La pubblica accusa ha quindi ragionato sulla natura del reato e sulle origini srilankesi dei protagonisti. «La vittima è stata uccisa perché non si è piegata, perché aveva scelto di essere una donna libera in una cultura che non glielo permetteva. Per questo non parlo solo di assassinio, ma di femminicidio. Perché la vittima è stata uccisa in quanto donna che non obbediva».
«Una bambina costretta a trovare la mamma morta» - Buzzi ha poi voluto rimarcare che i due uomini, nel loro freddo agire, «hanno costretto la figlia di sei anni, rispettivamente la nipotina, a trovare il corpo senza vita della mamma. Una bambina che oggi deve vivere in un istituto come un'orfana».
«Nessun raptus» - Senza contare che i due «hanno colto la vittima nel sonno e hanno premeditato tutto. Non c'è stato nessun rapsus».
«Un caso che era a un passo dall'archiviazione» - La pubblica accusa ha quindi spiegato che la morte della donna, inizialmente, non era nemmeno apparsa particolarmente sospetta e anche dopo l'autopsia era risultata misteriosa. «La vittima non riportava segni particolari, perché era stata soffocata prima con le mani e poi con un sacchetto, e quelli presenti potevano essere riconducibili alle manovre di rianimazione. Il caso, dunque, è arrivato a due passi dal venire archiviato per morte naturale o causa sconosciuta».
La svolta, tuttavia, è arrivata grazie ai filmati della videosorveglianza. «Gli agenti hanno notato che la mattina dei fatti un altro uomo era entrato in casa. Il marito ha inizialmente negato di conoscerlo, e solo dopo ha ammesso che si trattava del fratello». Questa contraddizione ha aperto un vero e proprio vaso di Pandora e il marito, per finire, ha confessato tutto.
«Erano separati in casa da anni» - Il 45enne ha quindi dichiarato di aver agito per il bene della figlia, dipingendo la moglie come una poco di buono e sostenendo di aver agito in stato di frustrazione emotiva. «E sì, la donna aveva un nuovo compagno, ma lo frequentava alla luce del sole e con l'apparente consenso del marito», ha spiegato Buzzi.
«Da anni la 40enne voleva separarsi da lui, e nel 2024 ha conosciuto l'amante tramite social. Una relazione, questa, che non nasconde al marito. E perché dovrebbe? I due vivevano separati in casa, avevano parlato tante di volte di divorzio e da almeno due anni dormivano in camere separate. Lui era perfettamente consapevole della nuova relazione di lei e la accettava. Lasciava che la figlia vedesse il nuovo compagno, aveva permesso che lui alloggiasse da loro a Chiasso e il marito aveva cucinato e mangiato insieme a loro».
«Un'accettazione almeno apparente» - Secondo la pubblica accusa, quindi, «non c'era una rabbia repressa e incontenibile, ma un'accettazione almeno apparente verso l'imminente separazione».
La cultura tamil e l'onore familiare - Nella cultura tamil, però, l'adulterio è giudicato in modo molto severo, con forti conseguenze perlomeno sociali, viene rimarcato. «E la vittima era una donna libera e occidentalizzata, che non si lasciava sottomettere. E se a sottomettere questa donna non ci era riuscito il marito, a ristabilire l'onore familiare doveva intervenire un parente. In questo caso, il fratello del marito».
Gelosia e rabbia da una parte, onore familiare dall'altra - Il movente, per la procuratrice, è quindi chiaro. «Il marito ha agito per gelosia e rabbia, perché la moglie aveva un nuovo compagno, voleva separarsi da lui e portarsi via la figlia. Per il cognato, invece, la donna era all'origine della vergogna familiare e agiva in dispregio della cultura tamil».
«Hanno usato la bambina» - Le modalità con cui i due hanno agito sono inoltre state giudicate come particolarmente perverse. «Entrambi non hanno avuto remore di utilizzare la figlia della coppia, una bambina di sei anni, per "svegliare" la donna, ben sapendo che era morta, perché l'avevano uccisa loro. Hanno dimostrato una freddezza affettiva incredibile».
Oltre a ciò, nella pratica del soffocamento, hanno persistito per dieci minuti, mentre la vittima cercava di liberarsi.
Nei giorni precedenti ai fatti il marito aveva infine cercato su Google Translate: "Mia moglie è morta". «Il che indica una chiara premeditazione».




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