Dopo il caso Caverzasio e le frasi omofobe di Germano Mattei, c'è chi viene tranquillamente allo scoperto. E chi no
BELLINZONA - Le dichiarazioni omofobe del deputato valmaggese Germano Mattei hanno scatenato il proverbiale vespaio. Martedì il leader di Montagna Viva si è rimangiato in parte le frasi offensive («c..., checche, drogadi») riferite al leghista Daniele Caverzasio e al suo recente outing “involontario”. Ma Caverzasio – che da noi contattato non rilascia commenti sulla sua vita privata – non è un caso unico.
L'associazione - Secondo Patrick-Perret Gentil, portavoce ticinese di Network.ch, «la classe dirigente ticinese è particolarmente restia a venire allo scoperto pubblicamente». L'associazione, che riunisce professionisti e politici gay con l'obiettivo di promuovere i diritti Lgbt ad alto livello, è attiva dal 2013 nella Svizzera italiana ma fatica a reclutare soci. Uno dei requisiti è aver fatto coming out.
«Questione di trasparenza» - «Conosco politici di cui è nota la bisessualità, ma che non si espongono per paura» conferma Elia Bertossa, consigliere della Lega a Paradiso, uno dei pochi ad aver fatto il passo. «Per me è una questione di trasparenza, e di correttezza nei confronti dell'elettorato» afferma. «Ho subito discriminazioni sul lavoro, ma non in politica: il mio partito mi ha sempre supportato. E credo che episodi come quello di Mattei debbano smuoverci».
Più facile a sinistra? - Anche Denise Maranesi, del Ps di Chiasso, è omosessuale dichiarata. «Ho fatto coming out in famiglia nel 2008 e sono entrata in politica due anni dopo» racconta. «Quello dei diritti dei gay in Ticino è uno dei temi che porto davanti agli elettori. Per i politici di sinistra però, penso sia più facile che per altri».
C'è chi dice no - Alcuni, invece, ne fanno una questione di privacy. «Ognuno fa le sue scelte, credo che in politica la sfera privata sia da rispettare come in qualsiasi altro ambito» mette le mani avanti un esponente di rilievo di un partito di centro-destra. Pur confermando di essersi dichiarato nella sua cerchia di conoscenti, chiede di rimanere anonimo e precisa che «non si tratta di nascondersi, semplicemente non vedo dove sia il problema».
L'appello di Bienne - Numeri alla mano, però, è un fatto che il Ticino è uno dei cantoni con meno politici gay dichiarati. Da Bienne, dove è stato eletto il Municipio più “arcobaleno” della Svizzera (con tre municipali Lgbt su cinque) arriva un appello a un coming out collettivo: «Sarebbe sicuramente positivo, un gesto di trasparenza» afferma Barbara Schwikert (Verdi), omosessuale e fiera di esserlo come i suoi colleghi Beat Feurer (Udc) e Cédric Némitz (Ps). «Ai politici ticinesi diciamo di non aver paura di perdere voti. La nostra esperienza elettorale, a Bienne, dimostra che alla fine contano i contenuti, non l'orientamento sessuale».