«Vi lascio una città che non c'è più»

Gli anni aumentano, insieme alle preoccupazioni. Italo Varsalona, 85 anni di cui quasi trenta da "Pittore di Lugano", si sente «abbandonato» e chiede aiuto alla Città: «Non dimenticatemi».
Gli anni aumentano, insieme alle preoccupazioni. Italo Varsalona, 85 anni di cui quasi trenta da "Pittore di Lugano", si sente «abbandonato» e chiede aiuto alla Città: «Non dimenticatemi».
LUGANO - «Voglio che le mie opere trovino casa e che non siano dimenticate!». È l'accorato appello del "pittore di Lugano", un uomo di 85 anni che ne ha dedicati quasi 30 a fotografare la città «sotto sole e pioggia», utilizzando tele, colori e pennelli.
Ma ora che gli anni passano e che il peso del tempo comincia a farsi sentire («ci vedo meno»), Italo Varsalona si chiede quale sarà il destino delle sue opere, la stragrande maggioranza delle quali è stata realizzata per le strade di Lugano, «mettendo su tela palazzi, vie, facciate e avvenimenti importanti».
«Oggi, con mia moglie invalida e con la mia vista carente, non posso essere presente a Lugano», spiega l'artista che aggiunge: «Nel mio atelier di Villa Luganese situato nell'ex municipio ho una collezione di oltre 350 opere, ritenuta unica a livello internazionale». Tutte realizzate "en plein air". «Sono opere di una città, dei suoi negozi e personaggi che non ci sono più. Ho fatto una proposta per poter mantenere in Ticino la mia collezione anche per una cifra minima, perché oggi ho 85 anni e la mia vita...».
Il futuro e la destinazione della collezione resta quindi un punto interrogativo, fonte di preoccupazione, anche perché «ho una figlia, ma è molto impegnata e non riesce a occuparsene». L'idea di Varsalona, che vive a Lainate (Milano), è dunque quella di trovare un compratore, ma soprattutto qualcuno che si occupi di conservare la sua preziosa galleria di immagini e colori, iniziata nel 1995.
«Al Municipio mi conoscono, il discorso l'avevo fatto a Marco (Borradori, ndr), mentre l'avvocato Badaracco aveva curato una bellissima mostra, poi interrotta per il Covid». Proprio al vicesindaco, il Pittore di Lugano si appella. «Ho provato a contattarlo su Messenger ma non mi ha risposto - continua Italo -, vorrei che potesse farsi carico delle mie opere, che rimanessero lì e che non andassero perdute».
Nelle parole dell'artista - nato nel 1941 sulla sponda del Lago Maggiore ma che del Ceresio si è innamorato - la riconoscenza nei confronti di Lugano («mi è stato concesso, mentre dipingevo, di esporre le mie opere dove volevo») è rotta dalla sensazione di non essere mai stato davvero apprezzato: «Non mi hanno compreso, desideravo capissero l'importanza e il perché di quel che stavo facendo, che era per la memoria della Città, in molti non sono venuti nemmeno a vedere il mio atelier».
Una malinconia che però scompare dietro al sogno di poter dare un futuro al proprio lavoro, insieme a quello di realizzare un ultimo quadro. «Ci vedo poco e non posso più dipingere all'aperto, così ho portato le mie opere nel mio studio, perché tutto ha un inizio e una fine. Ma anche se non esco più, ho una Piazza della Riforma ancora da finire: dovrò decidermi a uscire: sarà la mia ultima opera che realizzo a Lugano».
Mentre, la speranza è che qualcuno decida di garantire un futuro alla memoria su tela della città, sarebbe il grazie più apprezzato da chi ha saputo «cavalcare le vie della nostra bella Lugano», con pennello e colori.








