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Amauri: "Il Bellinzona? Non mi ha voluto"

Confessione dell'attaccante ora alla Fiorentina, protagonista poco fortunato in maglia granata
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Amauri: "Il Bellinzona? Non mi ha voluto"
Confessione dell'attaccante ora alla Fiorentina, protagonista poco fortunato in maglia granata
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BELLINZONA – Il caso, nella vita, gioca sempre un ruolo fondamentale. È stato così anche per il calciatore Amauri Carvalho de Oliveira, per tutti solo Amauri. Il brasiliano, attaccante di livello internazionale anche se re...

BELLINZONA – Il caso, nella vita, gioca sempre un ruolo fondamentale. È stato così anche per il calciatore Amauri Carvalho de Oliveira, per tutti solo Amauri. Il brasiliano, attaccante di livello internazionale anche se reduce da un paio di stagioni opache, ha trovato fortuna in Italia, facendo la gavetta a Napoli, Piacenza ed Empoli prima di sfondare col Chievo e col Palermo. Ora è alla Fiorentina, squadra che sta tentando di condurre alla salvezza, dopo essere passato dalla corte bianconera della Juventus.

Forse non tutti sanno che la punta, originaria di Carapicuìba, avrebbe potuto anche lasciare il segno – e che segno – in Ticino. Prima di fare fortuna nello Stivale il 31enne ha infatti assaggiato il calcio svizzero giocando, per pochissimo, col Bellinzona.

“Per mantenermi – ha raccontato Amauri in un’intervista esclusiva concessa al programma italiano Tribù del Calcio - ho lavorato come muratore, in un supermercato, in una fabbrica di carbone e nel settore metallurgico. Non mi vergogno a dirlo perché questo mi consentiva di guadagnare i soldi per aiutare la mia famiglia. Ho fatto di tutto e nel frattempo riuscivo a fare qualche provino e ad allenarmi. Qualcuno mi notò e mi portò a fare un provino nel Santa Catarina, un club di serie B brasiliana che si trovava a dieci ore da San Paolo. Iniziai a segnare con continuità e a gennaio mi inserirono in una rappresentativa che partecipava al torneo di Viareggio. Andai in Italia, ma le squadre italiane non mi potevano tesserare. Così, era il 2000, finii in Svizzera, al Bellinzona, in serie B. Poi, all’inizio della stagione successiva, l’allenatore (Giovanni Della Casa, ndr) mi disse che per me non c’era più spazio. Che faccio? Dove vado? Di colpo mi ritrovavo da solo”.

“Mi spedirono in Belgio a fare un provino ma in pratica rimasi prigioniero in un albergo una settimana. Così tornai in Italia ed andai a Torino, dove per due mesi – ed è la verità - ho vissuto praticamente da clandestino. Non avevo il biglietto di ritorno per il Brasile e tutte le mie speranze erano svanite nel nulla. Un giorno mi chiamò Grimaldi, che poi sarebbe diventato il mio procuratore, e mi disse di prendere il primo treno per Napoli. Iniziai giocare con la Primavera e dopo un po’ venni aggregato alla prima squadra. Ci trovai Edmundo, che era il mio idolo dell’infanzia, e da quel giorno iniziai a vedere un po’ di luce”.

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