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PAKISTANLa replica di chi ha "scavalcato" lo sherpa morente: «Non potevamo salvarlo»

11.08.23 - 23:45
Dopo l'indignazione per la tragica morte di una giovane guida alpina pachistana, giungono ora le spiegazioni dei compagni.
AFP
La replica di chi ha "scavalcato" lo sherpa morente: «Non potevamo salvarlo»
Dopo l'indignazione per la tragica morte di una giovane guida alpina pachistana, giungono ora le spiegazioni dei compagni.

ISLAMABAD - Scavalcato e lasciato morire dagli stessi turisti che aveva condotto sulla vetta della montagna. La morte di una guida alpina pachistana di 27 anni sulle pendici del K2 ha scioccato il mondo intero. Un'indignazione che si è sollevata unanime contro i compagni di viaggio della vittima accusati di non essere intervenuti in suo soccorso ma di aver scavalcato l'uomo morente. Un video, pubblicato sui social, mostra infatti gli altri scalatori oltrepassare la guida e festeggiare il raggiungimento della vetta.

Un record festeggiato mentre un uomo moriva - Tra di loro c'era anche la norvegese Kristin Harila e la sua guida nepalese che hanno battuto il record per la salita più veloce delle quattordici vette più alte del mondo. Un’impresa che Harila ha però potuto festeggiare per poco. In un post su Instagram l'alpinista norvegese ha condiviso con un video la gioia del risultato, senza però menzionare neanche una volta il sacrificio della guida pachistana. 

Una dimenticanza, egoismo oppure semplice mancanza di umanità? Poco importa perché i follower dell'alpinista non l’hanno perdonata. I commenti di disprezzo si sono infatti moltiplicati in breve tempo. «Ti interessa di più battere i record che aiutare il tuo compagno», «vergognati», «dov'è la tua umanità?» o ancora «Il suo sangue è sulle tue mani».

L'odio sui social e le spiegazioni - Una tempesta che Harila non ha potuto schivare. In un secondo post l’alpinista ha affrontato l’imbarazzo esponendo la sua versione dei fatti. Una difesa necessario dopo tutti i messaggi di odio. Secondo la norvegese, la guida pachistana non era attrezzata per completare con successo l'escursione. Il suo equipaggiamento non permetteva una scalata simile. «Quello che è successo non è in alcun modo colpa sua, ma dimostra quanto sia importante prendere tutte le precauzioni possibili prima di partire».

L'alpinista norvegese ha spiegato in seguito che lei e il suo team hanno fatto di tutto per salvare il 27enne. Le condizioni sul K2 hanno impedito però ogni operazione di soccorso: «Era troppo pericoloso». Il luogo in cui si trovava la guida era troppo stretto per permettere il salvataggio. «Era impossibile portare l'uomo fuori dalla zona di pericolo e metterlo in sicurezza».

Il video si conclude con il cordoglio di Harila e un messaggio di preghiera verso i famigliari della vittima. Harila ha anche condiviso un link per una richiesta di donazioni per sostenere la famiglia.

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