«L'imputato è un pugile. E ha ridotto la vittima a uno stato vegetativo persistente»

Chiesti 13 anni di carcere più l'espulsione per un 26enne italiano il cui pugno, sferrato lo scorso novembre fuori dal Blu Martini, ha lasciato tetraplegico un 21enne. «È pericoloso».
LUGANO - È in un'aula penale gremita che stamattina, alle Assise criminali di Lugano, si è aperto il processo che vede protagonista un 26enne italiano residente nel Luganese. Lo scorso 17 novembre, durante una lite in corso fuori dalla discoteca Blu Martini di Lugano, il giovane ha sferrato un pugno a un 21enne italiano residente nel Varesotto, ferendolo gravemente e riducendolo a uno stato vegetativo persistente.
Per lui la pubblica accusa ha chiesto una pena di 13 anni di carcere, più l'espulsione dalla Svizzera per un periodo di 10 anni.
Istruttore di boxe - L'autore, che praticava pugilato da circa dieci anni ed era istruttore di boxe in una palestra del Luganese, è accusato di tentato omicidio intenzionale per dolo eventuale, subordinatamente lesioni gravi per dolo eventuale.
Al momento dei fatti era sotto l'influsso di alcol e cocaina e ha precedenti penali per una rissa avvenuta nel 2021 fuori da un'altra discoteca di Lugano.
«Cercavo di fare il paciere» - La sera del 16 novembre, è emerso in aula, il 26enne si trovava al Blu Martini con la sua compagna e un'amica. Durante la serata, uscito dal locale per fumare, è più volte intervenuto in vari alterchi creatisi tra gli agenti di sicurezza e alcuni avventori.
Alla terza uscita dal Blu Martini «ho visto che un ragazzo che conoscevo si trovava davanti all'ingresso e che stava nuovamente litigando con i securini», ha spiegato l'imputato, precisando di aver cercato di gestire la situazione. «Lei era un altro avventore del locale, non un agente di sicurezza. Perché mai qualcuno doveva collaborare con lei?», ha chiesto il giudice Amos Pagnamenta. «Cercavo di fare da paciere. Volevo allontanare il ragazzo e non fargli avere problemi con la sicurezza».
«Lui mi ha colpito e io ho risposto» - «E come siete giunti alle mani?», ha proseguito Pagnamenta. «Ho cercato di nuovo di accompagnare il giovane verso il quartiere Maghetti. Gli altri due ragazzi che erano con lui hanno però iniziato a urlarmi addosso, io ho spinto la vittima e lui mi ha colpito con un pugno. Io ho risposto con un pugno a lui e uno al suo amico. Poi ho colpito la vittima, quando era girata, con un secondo pugno».
«Ho avuto un raptus» - A verbale il 26enne ha poi spiegato di aver reagito in quel modo perché si sentiva minacciato. «La sua reazione quando si sente minacciato è quella di sferrare pugni a destra e a manca?», domanda il giudice. «Non ho ragionato, non ho capito quello che stavo facendo, ero in preda a un raptus e volevo difendermi. La vittima mi ha inoltre minacciato verbalmente, ricordo che mi ha detto "ti ammazzo". Dopo che ho preso il pugno non ho ragionato su niente, ho colpito a mia volta e mi sono accorto di quello che stavo facendo solo dopo che lui è caduto a terra».
Prima del dramma il 26enne ha però inseguito il 21enne. «Se io ho paura di qualcuno non lo inseguo», ha osservato Pagnamenta.
«Ho sbagliato» - Si è quindi discussa la fase successiva della vicenda. «Chi ha chiamato i soccorsi?», ha chiesto il giudice. «Non ricordo». «Perché non è rimasto sul posto per accertarsi di come stava la vittima, dato che l'ha visto accasciarsi a terra?». «C'era l'ambulanza, sapevo che non potevo fare nulla e pensavo che si sarebbe ripreso subito. Ho sbagliato e me ne rendo conto adesso», ha replicato l'imputato.
Il 26enne ha quindi sostenuto di essersi costituito solo la notte del 18 novembre, quando le autorità lo stavano già cercando, perché sperava che le condizioni del 21enne migliorassero. «Ho sbagliato a non andare subito in polizia. Il mio intento comunque era quello di consegnarmi, non di scappare».
Stato vegetativo, e non ci saranno miglioramenti - Il giudice ha infine descritto l'attuale stato di salute del 21enne. «Si trova in uno stato vegetativo permanente con tetraplegia spastica ed atteggiamento in decorticazione. Per quanto riguarda la prognosi a lungo termine è verosimile che non vi saranno significativi miglioramenti».
«Mi dispiace molto per il dolore che ho causato, non avrei mai immagino che potesse succedere tutto ciò», ha commentato l'imputato.
«È vivo, ma non è cosciente» - La parola è quindi passata alla pubblica accusa. «La vittima potrebbe essere nostro figlio, nostro nipote o il nostro vicino di casa», ha esordito il procuratore pubblico Roberto Ruggeri. «Non è accettabile che un ragazzo poco più che ventenne esca per divertirsi con gli amici e si ritrovi in questo stato. La sua famiglia è confrontata ogni giorno con il dolore di trovarsi di fronte ai risultati di quello che è successo. La vittima è sì viva, ma è totalmente dipendente da terzi e si trova in una situazione neurologica che comporta una perdita di coscienza».
«Uno spaccone egocentrico» - «Ci ritroviamo dunque a parlare di una vita distrutta e di una famiglia devastata, e la colpa di tutto questo è di una sola persona, che siede al centro di quest'aula», ha continuato Ruggeri. «E chi è questa persona? È il classico spaccone di periferia che mette il becco negli affari che non lo riguardano, semplicemente perché è un egocentrico. È un boxeur amatoriale le cui sicurezze venivano rafforzate dal consumo di cocaina».
«L'ha colpito con tutta la sua forza» - Il procuratore ha poi sottolineato che il 21enne, dopo il pugno, è caduto a terra e ha sbattuto violentemente il capo contro il suolo. «L'imputato l'ha colpito con tutta la sua forza. E se la vittima non è morta è frutto solo di una mera casualità». Essendo il 26enne un pugile «il suo braccio può inoltre essere considerato come un'arma bianca».
In seguito ai fatti, «il giovane si è poi dato alla macchia, nascondendosi nell'abitazione della compagna e non rispondendo alle chiamate della polizia. È stato un codardo, freddo e insensibile». A mente della pubblica accusa l'imputato non si sarebbe dunque realmente costituito: «Si è presentato in polizia quasi 24 ore dopo l'accaduto, dopo che due avvocati glielo hanno suggerito. Lo ha fatto sapendo che non c'era alternativa».
«È pericoloso» - Il 26enne «ha agito in maniera spregiudicata e temeraria, colpendo improvvisamente e inaspettatamente la vittima, che non ha avuto la possibilità di difendersi. È socialmente pericoloso e ha dimostrato una totale mancanza di assunzione di responsabilità».
Solo tre settimane prima dei fatti il giovane era inoltre stato condannato per lesioni semplici in connessione a un'altra rissa avvenuta nel 2021. «Eppure ha di nuovo alzato le mani», ha concluso amaramente il procuratore pubblico.
Il legale della famiglia della vittima ha chiesto un risarcimento per torto morale pari a 150mila franchi.
Per quanto riguarda un'eventuale espulsione, il 26enne ha dichiarato di volere rimanere in Svizzera. «Ho tutto qui, famiglia, ragazza e amici. In Italia ho solo mia madre, ma non ho rapporti con lei».
Nel pomeriggio a esprimersi sarà la difesa.