Ordinata, per il 26enne rumeno, anche l'espulsione dalla Svizzera per 12 anni.
LUGANO - Dieci anni di carcere. Più l'espulsione dalla Svizzera per 12 anni. È questa la pena decisa oggi dalla Corte delle Assise criminali di Lugano per il 26enne rumeno residente in Italia che la notte del 12 settembre 2022 a Massagno sparò a un 33enne suo ex amico e socio in affari.
Il giovane è stato ritenuto colpevole di tentato omicidio per dolo diretto. «Il movente è stato la vendetta: si è trattato di una spedizione punitiva volta a lavare l'onta di essere stato imbrogliato», ha detto il giudice Amos Pagnamenta.
Troppi cambi di versione - «La Corte concorda con la difesa sul fatto che la vittima ha spesso fornito dichiarazioni discordanti, giungendo a mentire su molti aspetti della vicenda», ha precisato Pagnamenta. «Per quanto concerne l'imputato, però, non si può che gettare un velo pietoso, in quanto ha cambiato ogni aspetto della storia, dimostrando di voler aggravare l'agire della vittima».
A inizio inchiesta, in particolare, «il 26enne ha dichiarato che al momento dei fatti il 33enne non aveva nulla in mano e non era armato, arrivando a sostenere solo dopo, al sesto verbale, che aveva un coltello».
«Potrebbe aver creduto di essere andato a segno» - Per quanto riguarda lo sparo, «il giovane è passato dal sostenere che il colpo è partito per sbaglio, al dire che ha mirato al braccio della vittima, poi che ha chiuso gli occhi prima di sparare, e infine che ha cercato di sparare in alto», ha sottolineato il giudice. «I fatti dicono però che è giunto in Ticino armato, con una macchina non sua, cercando la vittima, colpevole di averlo reso ridicolo e di averlo ingannato e derubato. Appare quindi chiaro che non era più tempo di dialogo».
Vendetta «in pieno centro abitato» - Giudicato particolarmente grave, inoltre, il fatto che il 26enne abbia sparato per strada, «in pieno centro abitato e con modalità che non ci appartengono».
«Certo», ha continuato Pagnamenta, «dopo il primo colpo l'imputato se ne è andato, ma si può anche pensare che avesse creduto di essere andato a segno».
Durante l'inchiesta «l'imputato non ha poi per nulla collaborato. E va detto che ha precedenti in Italia e che durante la carcerazione è stato sanzionato ben 11 volte».
Come attenuante la Corte ha comunque tenuto conto del fatto che «la vittima ha contribuito a porre l'imputato nelle condizioni psicologiche che l'hanno spinto a volersi vendicare, sia attraverso la mancata restituzione del denaro, sia con i toni usati verso di lui».
Durante il dibattimento tenutosi ieri, lo ricordiamo, la pubblica accusa aveva chiesto otto anni e otto mesi di carcere, più l'espulsione dalla Svizzera per 12 anni, mentre la difesa aveva proposto una pena detentiva non superiore ai sei anni.