Formazione congelata, aspiranti docenti nel limbo: «Come se il terreno ti crollasse da sotto i piedi»

In Ticino i “sori” d'italiano sono già abbastanza e il Cantone chiude per 3 anni i corsi d'abilitazione. La frustrazione di chi stava per finire gli studi e che sognava di tornare in Ticino a insegnare: «Ora tutti guardano Oltregottardo».
LUGANO - Le scuole del cantone hanno fame di docenti di matematica e tedesco. Sono, invece, al completo per quanto riguarda quelli di italiano, civica e inglese.
Se da una parte quindi si apre anche «a candidate e candidati che non dispongono ancora di una formazione completa nella materia», dall'altra la formazione verrà proposta ogni tre anni.
È quanto è emerso durante la conferenza di inizio dicembre del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (DECS) e il Dipartimento formazione e apprendimento / Alta scuola pedagogica (DFA/ASP) della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI) per la presentazione dei nuovi percorsi per aspiranti insegnanti delle scuole medie e medie superiori, frutto del lavoro dell'Osservatorio docenti.
La scelta da parte delle autorità è motivata con la volontà di voler evitare il rischio, palesato con l'analisi delle tendenze dell'Osservatorio, «di disporre di docenti in eccesso per l’italiano» e quindi di avere insegnanti formati/e senza però posti di lavoro disponibili.
La grande sfida, aveva ribadito la capodipartimento Marina Carobbio Guscetti è quella di trovare «un equilibrio tra legittimo desiderio di poter insegnare (o di conseguire un diploma di insegnamento) e il [reale] fabbisogno di docenti della scuola».
Proprio questa problematica legata alle stime del fabbisogno degli insegnanti di italiano era già emersa nel chiacchieratissimo caso dei 13 aspiranti docenti rimasti “a spasso” malgrado avessero da poco terminato il percorso presso lo stesso DFA. La vicenda aveva scatenato un vespaio fra politica, parti sociali e anche nel mondo dell'insegnamento.
Nei concorsi, aperti lo scorso 9 dicembre e che confermano un «fabbisogno contenuto» per «diversi posti messi a concorso», le posizioni per l'insegnamento dell'italiano sono comunque aperte. Non è chiaro quanti siano gli effettivi posti disponibili per il 2026/27, ma è lecito presumere che non siano moltissimi.
In generale, il futuro di chi ha studiato italiano e pensava di fare della docenza la sua carriera post-universitaria non è mai stato così tetro: «Forse inizialmente l'idea mi era anche venuta», ci racconta la leventinese N* che da Losanna è finita a completare il suo percorso in quel di Roma, «ma al momento, viste come stanno le cose, ho deciso di accantonarla».
«La sensazione, e non è solo la mia ma anche quella di altri studenti che come me si trovano ad affrontare un percorso di studi in italianistica, è che sia tutto un po' una presa in giro», continua, «è come se ti crollasse il terreno da sotto i piedi».
«Ho colleghi e amici che avevano come obiettivo primario l'insegnamento e adesso stanno rivalutando tutto», aggiunge, «per loro, è triste dirlo, un ritorno in Ticino ormai è escluso, per cui puntano tutto sulla Svizzera tedesca, sulla Svizzera francese, è gente che è partita per gli studi e non ritornerà mai più. Così il cantone perde una parte del suo tessuto sociale».
Per quanto riguarda la giovane ticinese, il futuro è ancora tutto da scrivere: «A questo punto vedrò cosa mi capiterà davanti, sono aperta a tutto, a lavorare nell'ambito culturale, nei festival, e perché no, anche nelle librerie».
«È senz'altro una doccia fredda per chi sta studiando italianistica e ha voglia di insegnare», commenta il socialista Maurizio Canetta che sul tema DFA e abilitazione aveva sottoposto al Consiglio di Stato un'interrogazione: «Penso che ci sia almeno un aspetto positivo ed è il primo risultato dell’Osservatorio docenti, voluto dal DECS proprio per cercare di avere un minimo di prospettiva e non rischiare situazioni come quella dei tredici studenti su cui tanto si è discusso».
Riguardo a possibili “deviazioni” di carriera, aggiunge: «È vero, ci sono possibilità di lavorare fuori dal Ticino, ma sono ridotte, anche perché l'insegnamento dell'italiano perde terreno fuori dal Ticino. Si può anche dire che ci sono altre strade, il lavoro nelle università oppure il giornalismo, ma è una magra consolazione per chi ha la passione dell'insegnamento».
C'è invece «molta confusione al DECS», secondo Evaristo Roncelli di Avanti con Ticino&Lavoro, anche lui mozionante nella questione dei 13 docenti: «L’Osservatorio docenti è la risposta istituzionale, ma dovrà dimostrare di saper davvero guidare le scelte», commenta.
«Oggi si corregge in corsa, senza visione. Congelare la formazione ogni 3 anni scarica sugli studenti errori di pianificazione. Noi tramite una mozione abbiamo chiesto di allinearci alle buone pratiche svizzere. Invece, dal mondo della scuola giunge voce che ci sia intenzione di aprire selezioni per tutte le materie, anche senza posti disponibili: una scelta che rischia di generare ancora più caos e speranze disattese», conclude.
*nome noto alla redazione
Contattato da tio.ch, il Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (DECS), risponde:
«Oltre all’Osservatorio docenti, il DECS ha istituito negli scorsi mesi anche un gruppo di lavoro denominato “Orizzonti per la formazione docenti in Ticino” che sta lavorando, coinvolgendo docenti, direttori, esperti e altri portatori di interesse interni ed esterni al mondo della scuola per valutare e individuare possibili piste concrete di miglioramento del sistema attuale, tenendo conto dei vari punti di vista.” In attesa degli esisti di queste riflessioni, previsti per la primavera 2026, la soluzione concordata tra il DFA/ASP della SUPSI e il DECS è una ricerca di un equilibrio nell’offerta formativa per chi vuole formarsi come docente.
L’opzione di aprire le formazioni del DFA/ASP tutti gli anni, per tutti gli ordini scolastici e per tutte le materie – togliendo magari anche il numero chiuso in entrata al DFA – potrebbe garantirebbe un diritto alla formazione pedagogica per tutti, ma – oltre a porre alcune sfide pratiche e di ordine finanziario - rafforzerebbe l’illusione che in Ticino vi siano ogni anno numerosi sbocchi professionali nell’ambito dell’insegnamento per tutte le persone diplomate. Purtroppo, salvo alcuni rari casi (ad esempio l’insegnamento del tedesco) non è così. Si è scelta dunque la via della trasparenza: avviare nuovi percorsi di formazione con regolarità, ma unicamente dove c’è una ragionevole certezza che le persone diplomate possano ambire realisticamente a concorrere per un posto di lavoro disponibile in Ticino.
Il tema dell’apertura delle procedure di selezione dei docenti da parte del Cantone per gran parte delle materie è distinto. Tema affrontato anche con i sindacati. Si tratta qui di fare in modo che qualora si liberassero delle ore di insegnamento anche durante l’anno, causa congedi, malattie e simili, si possa attingere a un bacino di persone con tutti i requisiti, anziché dover magari incaricare persone che, in alcuni casi, non dispongono ancora di una formazione pedagogica. È una questione di equità e correttezza nei confronti delle persone che hanno già tutti i requisiti richiesti per insegnare e attendono un’opportunità professionale.
È importante essere chiari nell’esplicitare, come fatto anche nel recente Bando di concorso per la nomina o l’incarico di docenti, operatrici e operatori nelle scuole cantonali per l’anno scolastico 2026/2027, che l’apertura del concorso non implica che vi sia un fabbisogno immediato di nuovi e nuove docenti o di nuovi operatori e nuove operatrici in tutte le materie e in tutti gli ordini scolastici messi a concorso. Per diversi posti messi a concorso il fabbisogno di nuove e nuovi docenti è contenuto, poiché la maggior parte sono attualmente occupati da docenti, operatrici e operatori incaricati che possono essere riconfermati/e nella loro funzione. L’apertura del concorso e – analogamente – delle procedure di selezione è voluta per consentire di prendere in considerazione candidate e candidati per eventuali nuovi posti o per posti che dovessero diventare vacanti nei diversi ordini di scuola e servizi entro l’inizio o nel corso dell’anno scolastico 2026/2027. Evidentemente nessuno è obbligato a partecipare al concorso e la partecipazione non garantisce un posto di lavoro. L’importante è esserne consapevoli».



