Il detenuto ha fatto tutto da solo

Dà fuoco alla cella, poi chiama i soccorsi. Il tutto a poche settimane dalla libertà. Perché?
La dinamica di quanto accaduto ieri sera alla Stampa. Il direttore Laffranchini: «Gesto inspiegabile, attendiamo gli interrogatori»
LUGANO - Doveva uscire di prigione il mese prossimo. Dopo una di detenzione "tranquilla", e a un passo dalla liberazione, ieri sera un ospite della Stampa ha dato parecchio da fare agli agenti di custodia e ai pompieri.
Ci sarebbe infatti un gesto volontario dietro all'incendio scoppiato attorno alle 20 di martedì nel carcere luganese. «Dai primi indizi» spiega a tio.ch/20minuti il direttore Stefano Laffranchini «sembra che il detenuto abbia appiccato intenzionalmente fuoco alla sua cella».
La dinamica dell'accaduto è ancora al vaglio della Polizia Scientifica. Ma l'ipotesi più probabile è che l'uomo, un 30enne algerino, abbia utilizzato un accendino o una sigaretta per innescare il principio d'incendio. Alla Stampa è infatti permesso ai detenuti fumare all'interno delle celle.
Un altro elemento curioso è il fatto che proprio l'algerino abbia chiamato per primo i soccorsi, assieme ad altri detenuti che si trovavano allo stesso piano e hanno visto uscire il fumo da sotto la porta della cella. Gli agenti di custodia sono intervenuti immediatamente, prelevando il detenuto e spegnendo le fiamme.
Il 30enne è stato ricoverato per accertamenti ma non avrebbe riportato ferite, né si registrano intossicazioni tra i vicini di cella e gli agenti. «Per fortuna non vi sono state conseguenze, il dispositivo di sicurezza ha funzionato bene» spiega Laffranchini. «Attendiamo l'interrogatorio del detenuto per capire le motivazioni dell'incidente». Toccherà agli inquirenti e agli psichiatri del carcere stabilire se - chissà - proprio la prospettiva dell'imminente scarcerazione abbia giocato un ruolo nel folle gesto.




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