Don Fabio: "Con un sacerdozio a tempo determinato avremmo le sacrestie piene"

Il nuovo vicario parrocchiale di San Nicolao a Besso parla dei problemi che spesso affliggono i giovani
Il nuovo vicario parrocchiale di San Nicolao a Besso parla dei problemi che spesso affliggono i giovani
LUGANO - Da ebanista a prete, il salto non è semplice. Anche se fin dall’infanzia a Vezio Fabio Minini ha frequentato il mondo della Chiesa, Don Fabio ha confermato di aver maturato la sua scelta non senza qualche preoccupazione. A 33 anni ha deciso di lasciare la fiorente attività che aveva costruito per frequentare il seminario: “Il lavoro non mancava davvero, ero molto ricercato, ma ho sentito che potevo avere qualcosa di più, per cui ne valeva la pena… E poi sapevo che potevo tornare indietro”.
A 39 anni, sabato è stato ordinato e domenica ha celebrato la sua prima messa…
“A ripensarci mi emoziono ancora. Proprio a Vezio dove sono cresciuto. Ho sentito l’affetto di tutti. Mi hanno fatto tanti auguri, mi aspetta un compito importante e difficile. C’è bisogno di stare vicino alla gente, non sarò un funzionario. Sono contento ora di lavorare anche con i giovani come vicario parrocchiale a Besso, con loro è fondamentale essere sinceri e schietti, per almeno un anno sarò qui. E poi chissà… Come dice la canzone? Se ‘solo una notte o tutta la vita…’”.
Questo è il messaggio di Papa Francesco, anche lei usa i nuovi mezzi di comunicazione per comunicare con i giovani?
“Ho Facebook, ma lo uso per lo più per comunicare con gli amici lontani, non sono molto bravo. Nella parrocchia di San Nicolao, però, ci sono persone laiche che ci aiutano, hanno creato anche un gruppo privato per i ragazzi su Facebook. Sono a favore delle nuove tecnologie se ben utilizzate. In particolare, abbiamo una giovane coppia, Chiara e Davide, che sono molto vicini ai ragazzi. Chiunque può aiutarli nella loro crescita è il benvenuto. Io comunque preferisco il contatto umano”.
Giovani e dubbi, chissà quante domande su genitori divorziati e coppie omosessuali…
“Sì, è vero. Io difendo il sacramento, come giusto, ma le cose cambiano e bisogna accogliere tutti, anche le persone che la Chiesa definisce ‘in situazioni irregolari’. Il nostro compito è mediare la realtà con la dottrina, e soprattutto dare quelle certezze che spesso mancano. Bisogna stare vicini a queste persone, già dal catechismo di Pio X c’è stata molta accoglienza nella Chiesa, bisogna leggere bene i testi. L’importante è che nessuno ostenti per creare strappi. Certo è che se ad esempio in Europa certi fenomeni diventano molto frequenti non si può pensare di cambiare la Chiesa di tutto il mondo, e viceversa”.
Un tema molto caldo è anche quello della pedofilia…
“Nella Chiesa è stato fatto molto per essere vigili. Non bisogna generalizzare. Quando capita a un religioso, così come a un laico, vuol dire che qualcosa nella sua formazione o nella vita è andata storta. Siamo bombardati da messaggi sbagliati nella società. È un problema civile, bisogna recuperare la dignità umana, per non considerare le persone come strumenti e per sapere scegliere fra bene e male, è questa la vera libertà”.
Molti legano il problema alla regola della castità…
“Non è così. Io la considero un dono grande, non una rinuncia, non vuol dire solo non fare sesso. È qualcosa da scegliere con grande convinzione così come nel matrimonio”.
La sua vocazione è giunta tardi, e oggi capita sempre meno…
“Sì, bisogna esserne davvero convinti. Altrimenti sarebbe giusto parlare di una vita di rinunce. Bisogna esserne felici pienamente per poter vivere con serenità e comunicare felicità. Solo così si può trasmettere un messaggio. Penso sia legato a un problema antropologico generale, spaventa il ‘per sempre’, come per il matrimonio. Se proponessero un sacerdozio a tempo determinato avremmo le sacrestie piene. Manca la volontà e la capacità di considerare la vita una tappa di un progetto di eternità”.
Di fronte a tutto il male che si vede nel mondo, vicino e lontano, come si può credere in Dio e al suo progetto?
“Capisco questo pensiero. Non è facile. È semplice dire che il Signore avrebbe potuto eliminare tutto il male. Solo un giorno capiremo il perché di questa scelta, soprattutto per quanto riguarda la sofferenza degli innocente. Lui è morto in croce per essere un esempio di come bisogna amare affrontando il male. Ai bambini è più semplice fare capire questo concetto, sono meno razionalisti. Nonostante manchino spesso, nei giovani, entusiasmo e ideali, vedo grande potenzialità e voglia di buono e di sacralità. Dobbiamo essere capaci di offrire tutto questo rispondendo al senso della vita, al quale prima o poi tutti vogliono giungere. Non basta una fede ‘à la carte’”.









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