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BELLINZONA

"Così la ricerca mi ha aiutato a sconfiggere il cancro"

Mentre a Lugano si tiene la Conferenza internazionale sui linfomi maligni, ecco la storia di Daniele Jörg: "Ora ho una grandissima voglia di vivere"
Foto Andrea Pellerani
"Così la ricerca mi ha aiutato a sconfiggere il cancro"
Mentre a Lugano si tiene la Conferenza internazionale sui linfomi maligni, ecco la storia di Daniele Jörg: "Ora ho una grandissima voglia di vivere"
BELLINZONA - “La ricerca sul cancro? A me ha dato una grossa mano. E forse io ho dato una mano alla ricerca”. Pensieri di Daniele Jörg, 58enne avvocato con un’esperienza da brividi alle spalle. La racconta a margine della ...

BELLINZONA - “La ricerca sul cancro? A me ha dato una grossa mano. E forse io ho dato una mano alla ricerca”. Pensieri di Daniele Jörg, 58enne avvocato con un’esperienza da brividi alle spalle. La racconta a margine della Conferenza internazionale sui linfomi maligni in corso al palazzo dei congressi di Lugano fino a sabato. In Ticino ogni anno vengono diagnosticati 80 nuovi casi di linfoma maligno. È capitato anche a Jörg. “Si è formato un linfoma maligno grandi cellule B – conferma –, una massa di 20 centimetri per 30. Mi sono accorto che qualcosa non quadrava in una mattina di primavera del 2009. Mi svegliai con uno strano gonfiore, improvviso”.   
E poi cosa accadde?
"Mi recai dal medico. Inizialmente si credeva che fosse un’infiammazione. Dopo un’estate di punti interrogativi, a settembre arrivò il verdetto. Tumore".

La sua prima reazione?
"Una settimana di incazzatura. Mi chiedevo: perché proprio io? La diagnosi mi è stata comunicata allo IOSI di Bellinzona. Dietro al medico, dalla finestra, vedevo le colline verdi su cui correvo da piccolo. Ho pensato: qui sono nato e qui mi dicono che muoio. In seguito però è scattata la voglia di sopravvivenza, mi sono messo nelle mani dei medici".

 Ci spieghi…
"Di lì a poco mi operarono. A seguire arrivò la chemioterapia e la radioterapia. L’ultima seduta cadde il primo aprile del 2010. Quasi uno scherzo del destino".  

Come ha vissuto la chemioterapia?
"Meglio di quanto avrei potuto ipotizzare. Ho perso i capelli ed ero debilitato, questo sì. Inoltre mi sono dovuto ritirare per un po’, non ho partecipato alla vita sociale. Quando fai chemioterapia i medici ti invitano a stare in ambienti asettici, ogni raffreddore può esserti fatale. La cosa che davvero non sopportavo più era dovermi sottoporre a continui prelievi di sangue. Ho però anche avuto la fortuna di essere coinvolto in una ricerca internazionale, potendo beneficiare di trattamenti aggiornati".

Che tipo di ricerca?
"In quel periodo stavano avviando uno studio su un particolare tipo di cura per i linfomi maligni. Si trattava di farmi iniettare periodicamente un medicamento all’interno del midollo spinale. Mi chiesero se fossi disponibile e io accettai".

Non si è sentito ‘una cavia’?
"Non direi, non mi sono sentito assolutamente dato in pasto alla scienza. Quando hai un tumore ti importa solo di guarire. Dissi ai medici: fate quello che volete, ma portatemi fuori da questa storia. Personalmente non avevo gli strumenti per capire cosa fosse giusto e cosa fosse sbagliato. Di conseguenza la mia era una fiducia cieca e incondizionata. In tutto il periodo della malattia non ho mai aperto una pagina di internet.

E da guarito lo ha fatto?
"Da guarito, nel corso di un periodo di ferie trascorso al mare, ho letto un libro di 700 pagine che trattava dell'argomento, ‘L’imperatore del male’, tutto d’un fiato. Mi ricordo di essermi messo a piangere in spiaggia per la commozione. Solo in quel momento ho capito davvero quanto siano eroici quei ricercatori che stanno per anni a studiare le cellule umane alla ricerca di una soluzione per combattere il cancro. Non finirò mai di ringraziarli. Così come non finirò mai di ringraziare mia mamma, che a 80 anni si è presa carico di me. E i miei fratelli che mi hanno sempre sostenuto. E poi ancora il personale medico, fantastico. Mi sono sentito davvero accompagnato nella conoscenza del tumore. Un grazie particolare va anche alla mia ex compagna. Lei il tumore l'ha avuto a 35 anni: mi ha preso per mano e mi ha portato a conoscere il cancro".     

Oggi come si sente?
"Mi sento benissimo. Anche se il condizionale è sempre d’obbligo. Uno che prende un tumore deve aspettare almeno un periodo di 5 anni prima di dirsi definitivamente guarito. Questa esperienza mi ha dato ancora più voglia di vivere. Spesso oggi riesco a emozionarmi e a commuovermi anche di fronte a situazioni apparentemente insignificanti. Ho riscoperto la dimensione delle piccole cose".

 

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