Mario Botta: "Con la morte di Tita Carloni, il Ticino perde un grande intellettuale"

L'architetto Botta ricorda l'architetto Carloni. "Soffriva per il degrado paesaggistico del nostro territorio"
LUGANO - "Una persona di grande cultura. Fortemente legato al territorio, e soffriva per come questo territorio era diventato". Sono le parole di Mario Botta, che ha voluto ricordare così il suo collega e amico Tita Carloni, deceduto all'età di 81 anni.
"Sono molto sorpreso, anche se ero al corrente della sua malattia" ci dice al telefono Mario Botta. "Tita è stato un uomo fortemente legato alla nostra terra, aveva una sua etica, una sua morale e un costante impegno a far sì che questo paese superasse le grandi contraddizioni che la sua generazione aveva conosciuto, quelle di un Cantone che era passato da una cultura contadina a una post terziaria".
Un Cantone, quello di oggi, verso il quale Tita Carloni aveva espresso pesanti critiche in più di una occasione. Amava ripetere: "Il territorio è sempre il riflesso della società che lo abita". Era un convinto sostenitore che la cultura potesse cambiare gli uomini e di conseguenza anche l'architettura. "La misura dell'architettura cambierebbe se gli uomini prima cambiassero se stessi, se leggessero un po' più di poesia e di scienza e meno bollettini di borsa" disse una volta.
"Certamente - ricorda Mario Botta - Tita soffrì molto la condizione di degrado del paesaggio architettonico. Veniva da una tradizione dove i materiali naturali, le forme di dialogo col paesaggio erano elementi portanti del suo linguaggio architettonico".
Per Mario Botta, oggi il Ticino perde non solo un architetto, ma un uomo di grande cultura, "un intellettuale, un uomo molto disponibile a diverse forme di linguaggio, uno che avrebbe fatto bene anche il pittore, o lo scrittore".




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