Personale di cure intense allo stremo? «Ci sentiamo dimenticati»

Alcuni lamentano problemi fisici e mentali, causati da un anno di stress e turni di 12-13 ore senza il riposo necessario
L'EOC: «Da sempre massima attenzione a proteggerne la salute, implementando anche risorse di supporto psicologico».
LOCARNO - Alcuni barcollano, altri soffrono di tachicardia, c'è a chi a 30 anni cedono le gambe dopo il turno di notte e chi a pochi mesi dalla pensione si ritrova in burnout. È la fotografia scattata dall'interno al personale di cure intense. Un'immagine che riflette un impegno lungo un anno ad affrontare la pandemia. «Durante la prima ondata almeno se ne parlava, c'era più sensibilità. Ora è come se fossimo stati dimenticati - ci dicono -. Ma noi proseguiamo con turni di 12-13 ore. Ed è vero che abbiamo dato la nostra disponibilità, si tratta di un'emergenza ed è il nostro lavoro. Ma non possiamo andare avanti così all'infinito. Abbiamo bisogno di recuperare. Lavorare così tanto per il nostro corpo e la nostra mente non va bene».
Un anno e qualcosa in più - La situazione dei pazienti Covid nei nosocomi ticinesi si è stabilizzata. Ma a quel momento le strutture hanno dovuto recuperare le operazioni meno urgenti che erano state annullate o rimandate, e questo non ha permesso ai reparti di cure intense di "tirare il fiato". «I recuperi non sono sufficienti per i turni che facciamo e c'è nuovamente la richiesta di rinunciare alle vacanze». Inoltre, «è stato provato che la percentuale di errore aumenta con periodi di lavoro così lunghi ed è la cosa che più in assoluto vogliamo evitare».
Stanchezza e frustrazione - Il sindacalista VPOD Fausto Calabretta spiega di non avere ricevuto segnalazioni di una situazione insostenibile. Ma «sicuramente c'è molta stanchezza - ammette -. Si tratta di una situazione che si trascina da un anno e che sembra non finire più. Molti sono demoralizzati». Nonostante non abbia raccolto «grosse lamentele», il sindacalista non nasconde che «il personale è frustrato, non ne può più e ha bisogno di trovare una luce in fondo al tunnel che pare non ci sia».
«Manca il personale specializzato» - Calabretta spezza una lancia a favore dell'Ente ospedaliero cantonale (EOC): «Il personale non viene costretto a trasferirsi negli ospedali Covid (attualmente La Carità di Locarno). Glielo si domanda. E tanti rinunciano proprio per lo stress. A chi chiede un trasferimento temporaneo solitamente viene concesso. Pare inoltre che l'EOC stia pensando di "trasformare" tutti gli ospedali in strutture Covid, proprio per non sollecitare sempre lo stesso personale. Anche per loro è difficile trovare una soluzione». Il problema, in realtà, sta a monte: «Tutto questo ci ha insegnato che non c’è sufficiente personale specializzato. Bisogna formarlo. E spetta al Cantone sovvenzionare di più la formazione per queste professioni».
L'Ente: «Pensiamo al loro benessere» - L'EOC, dal canto suo, fa sapere che «le percentuali di assenze per malattia, infortunio, maternità e vacanze in cure intense sono in linea con il resto dei reparti e non è stato notato un incremento rispetto al passato». Inoltre, «sin da inizio pandemia è stata data massima attenzione a proteggere la salute fisica e mentale degli operatori sanitari coinvolti nella rete di gestione dell’emergenza - aggiunge il Servizio comunicazione -, implementando anche risorse di supporto psicologico per sostenere gli operatori che quotidianamente si confrontano con l’emergenza».
Alcuni vaccinati, altri non ancora - Ma c'è un altro aspetto che ha parecchio infastidito chi opera al fronte. «Il personale in prima linea nella lotta al coronavirus non è stato tutto vaccinato. A noi è stato detto che non c'era disponibilità, mentre gli under 65 con malattie croniche hanno già ricevuto la prima dose. Non riceviamo la giusta considerazione». L’EOC spiega che all'inizio della campagna di vaccinazione «aveva ottenuto l’accordo dal Cantone e quindi aveva proceduto a vaccinare prioritariamente il personale curante attivo nei reparti Covid». Ma «la strategia nazionale è però molto chiara a riguardo, il Cantone la applica di conseguenza e l’EOC vi si riconosce». Infatti, sono riscontrabili «gli effetti positivi in termini di protezione delle persone più vulnerabili, evitando al contempo indirettamente un sovraccarico del sistema sanitario». Detto questo, «tutto ciò che si poteva fare per essere pronti a vaccinare rapidamente il resto del personale sanitario non appena questo sarebbe stato possibile secondo le fasi della strategia cantonale di vaccinazione è stato fatto con cura e rapidità», conclude l'Ente. Lo scorso venerdì il DSS ha infine fatto sapere che è finalmente arrivato il turno del personale sanitario. Chi lavora nelle strutture ospedaliere sarà vaccinato direttamente sul posto.
Le precisazioni dell'Ente ospedaliero cantonale per il suo personale
Innanzitutto va precisato che il personale che ha operato e in parte ancora opera nel Covid Center proviene da tutto l'EOC. Una collaborazione che sin da inizio pandemia ha messo in evidenza l’importanza di avere ospedali in rete per gestire al meglio l’operatività, sgravare il personale e preservarne la salute.
Il Covid center EOC presso La Carità ha messo in atto una serie di misure tra le quali:
- Organizzato, per quanto possibile in una situazione eccezionale di crisi pandemica, il lavoro mantenendo un monte ore ragionevole e favorendo delle pause. Abbiamo anche garantito degli spazi per riposare, gestire il comprensibile stress, riflettere sull’esperienza che si sta vivendo (spazio e attività Wellness SoStare) e occuparsi della propria salute psicofisica.
- Utilizzato strategie individuali di gestione delle difficoltà rivelatesi efficaci in altri contesti che hanno aiutato a superare anche una situazione completamente nuova e senza precedenti come l’attuale emergenza da COVID-19.
- Promosso il continuo e costante confronto tra colleghi sia per coordinare le attività, sia per condividere la percezione personale e trovare un supporto reciproco, rispettando i diversi modi di reagire alla situazione critica.
- Promosso il mantenimento di stili di vita salutari per essere in condizioni di affrontare la pressione che inevitabilmente viene accumulata.
- La pressione, lo stress e i sentimenti associati, possono temporaneamente far emergere in alcuni collaboratori sensazioni di disagio. È importante, quindi, riconoscere ciò che si è effettivamente in grado di fare per aiutare gli altri, valorizzando anche i piccoli risultati positivi; riflettere su ciò che è andato bene e accettare ciò che non è andato secondo le aspettative, riconoscendo i limiti legati alle circostanze. Abbiamo sempre sensibilizzato i collaboratori all’importanza di “stare in contatto” con gli stati d’animo personali, essere consapevoli del carico emotivo, imparando a riconoscere eventuali sintomi fisici e psicologici secondari allo stress. Prendersi cura di sé e incoraggiare i colleghi a farlo è importante per continuare a essere disponibili con i pazienti.








