Il caso singolare di un'automobilista in partenza per la Lapponia. La catena di distribuzione nega il risarcimento, dopo due anni di vertenza: «I nostri carburanti sono negli standard»
LUGANO - È l'incubo di chiunque varchi la soglia del Gottardo: trovarsi bloccati nel mezzo di uno dei tunnel più lunghi al mondo. Il 14 gennaio 2017 è capitato a una Kia targata Ticino, con a bordo una coppia diretta a Kloten per una vacanza in Lapponia. «Ho chiamato i soccorsi in lacrime» ricorda l'autista, una 30enne del Luganese. «È stato terribile».
Poteva finire peggio. L'auto è stata raggiunta in una piazzola dal carroatrezzi. Un taxi ha portato i vacanzieri all'aeroporto in tempo per il volo. Il conto: mille franchi. Per due anni la automobilista ha presentato richieste di danni là dove, secondo lei, è nato il problema: la pompa di benzina presso cui aveva fatto il pieno prima di partire, a Canobbio.
La vertenza è arrivata fino al Giudice di pace a novembre. «Il motore si è fermato per la scarsa qualità del carburante» afferma la donna carte alla mano. Il garagista che ha riparato il veicolo e la concessionaria Kia concordano nella diagnosi: il serbatoio si sarebbe «annacquato» per mancanza di additivi antigelo nella benzina, complice lo sbalzo di temperatura all'interno del tunnel.
Il distributore a cui fa capo la pompa “incriminata”, la catena Coop Mineraloel, non è affatto d'accordo. Ha negato il risarcimento, ed è pronto a difendersi fino al Tribunale federale. «I nostri carburanti rispettano tutti gli standard in vigore in Svizzera e vengono testati più volte lungo il processo logistico» spiega la portavoce Sabine Schenker. «Reclami di questo tipo sono rari – prosegue – ma finora non abbiamo mai lesinato risarcimenti, purché ci fosse una chiara prova della scarsa qualità del carburante».
Nel caso specifico «non esistono analisi che certifichino che la causa dell'incidente era la benzina». Sembra proprio che l'automobilista dovrà farsene una ragione. Ma la speranza è l'ultima a morire e, in questo caso, è che «altri utenti abbiano avuto lo stesso problema e si facciano avanti, per unirsi in un'azione legale fino all'ultima istanza di giudizio». L'appello per una “class action” è lanciato. Chissà che, anche a distanza di anni, qualcuno non si faccia vivo.