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La difesa: «Il dottor Rey va assolto»

Il primo intervento degli avvocati del medico si è concentrato sulla falsificazione del rapporto operatorio
Ti Press
Gli avvocati della difesa Tuto Rossi e Renzo Galfetti
La difesa: «Il dottor Rey va assolto»
Il primo intervento degli avvocati del medico si è concentrato sulla falsificazione del rapporto operatorio
LUGANO - «Situazione tragica in sala, con scambio di paziente per molti motivi. Vista la situazione psicologica difficile (della paziente, ndr) già prima dell’intervento, decido di fornirle per ora una versione edulcorata di quanto...

LUGANO - «Situazione tragica in sala, con scambio di paziente per molti motivi. Vista la situazione psicologica difficile (della paziente, ndr) già prima dell’intervento, decido di fornirle per ora una versione edulcorata di quanto successo». È leggendo questa annotazione del dottor Rey che ha esordito l’avvocato difensore Renzo Galfetti, che sin dalle prime battute ha annunciato: «Sarà chiesta l’assoluzione da ogni accusa».

Una bugia giustificata? - Nel suo intervento davanti alla Corte presieduta dal giudice Amos Pagnamenta, il legale si è concentrato sull’accusa di falsità in documenti: nel rapporto operatorio il medico ha infatti nascosto la verità sull’erronea asportazione di entrambi i seni alla paziente. Una «bugia» che sarebbe giustificata dall’annotazione tratta dalla cartella personale del dottor Rey e che è stata fatta nei momenti immediatamente successivi all’intervento sbagliato. «Questa è la vera verità, scritta il giorno stesso dei fatti».

«Per il bene della paziente» - La decisione di procrastinare l’informazione alla paziente sarebbe dovuta, secondo il difensore, alla necessità di non comprometterne lo stato psicofisico: «Ha salvaguardato un bene assoluto, la vita della donna». E le norme non avrebbero nemmeno permesso di informare persone terze prossime alla paziente. «Non si può quindi nulla rimproverare al dottore Rey, quella bugia scritta nel rapporto operatorio è stata indispensabile e assolutamente sacrosanta». La verità era comunque nota a tutti («Tutti sapevano!»), pertanto - si interroga il legale - «che differenza c’è tra quel rapporto a cui non avrebbe creduto nessuno e i soldi del Monopoly?»

L’accusa? «Approssimativa» - L’avvocato Galfetti si è anche chinato sul contenuto del decreto d’accusa, parlando di «vaghezza, imprecisione e approssimazione». Sulla base di ciò, il difensore ritiene quindi «impossibile che la Corte confermi l’accusa di falsità in documenti».

La richiesta di pena - Nel suo intervento l’accusa, rappresentata dal procuratore pubblico Paolo Bordoli, aveva chiesto di confermare la condanna già proposta con il decreto: una pena pecuniaria, sospesa con la condizionale, di 120 aliquote (circa 56’000 franchi) e una multa di 3’000 franchi.

Il difensore Tuto Rossi prenderà la parola domattina alle 9.30. La sentenza è poi verosimilmente attesa entro domani sera.

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