Professioni che rischiano di scomparire perché bistrattate dai ragazzi: convinti che siano "vecchie" e non diano lavoro. Invece...
LUGANO - Basta fare gli schizzinosi: e scegliere il lavoro sulla base del prestigio che offre di rimando. Hanno più futuro professioni bistrattate, "povere", nella parvenza e nel pregiudizio: che invece garantiscono commesse e buoni guadagni. Fare muri a secco, tetti in piode, cancelli in ferro battuto; conciare il cuoio, tessere e tingere tessuti. Occupazioni troppo umili, superate, fuori moda? Sulla carta senza dubbio; di certo per un ragazzo ambizioso: tanto da essere considerate «in via d'estinzione».
Un ritorno alla manualità - Perché «il costo della manodopera è troppo elevato», riflette Claudio Gianettoni, presidente della Federazione delle associazioni di artigiani del Ticino Glati. Perché le macchine hanno sostituito progressivamente l'uomo: anche se «stiamo tornando indietro. Abbiamo imparato a fare di tutto ma niente bene: e adesso c'è bisogno di uscire dalla standardizzazione. C'è un ritorno alla personalizzazione, al lavoro artigianale. Lo confermano le indicazioni che giungono dagli altri Paesi, vedi l'Italia con la sartoria: e la Svizzera, con l'opportunità offerta dalla formazione duale, non può rimanere indietro».
Ma un apprendistato dove? - Resta un grosso ostacolo: ed è proprio la formazione, la difficoltà di un apprendistato. «È questo il problema. In Ticino ci sono sono quattro cinque mastri ferrai, per esempio: e il rischio che scompaiano senza lasciare eredità è alto». Eppure «la domanda c'è. Un bel cancello battuto a mano a qualcuno interesserebbe pure: ma non sa a chi rivolgersi. Secondo le nostre indagini nelle zone periferiche, chi fa tetti o muri a secco ha già lavoro per i prossimi due o tre anni». Ma è più forte il preconcetto: «L'artigianato sa di stantio».
I rustici del Ticino: che opportunità - Ecco perché il giovane si tiene bene alla larga da ciò che, invece, potrebbe assicurargli un futuro professionale ed economico solido. «Pensiamo solo ai rustici, che in Ticino sono 90mila: 12mila esclusi dai vincoli, dunque ristrutturabili. Ciascuno di questi darebbe lavoro per 200mila franchi».
Lasciamo liberi i nostri figli - Ma «anzitutto, bisogna vedere chi sceglie per davvero: se il giovane o il genitore. In secondo luogo, non è ancora ben chiaro che non è più come una volta. Oggi una professione non è per tutta la vita: il sistema scolastico si è evoluto e grazie ai cosiddetti "ponti" diverse tipologie di formazione sono collegate. Molti ragazzi vengono ancora invogliati a fare licei o università quando invece potrebbero mettere a frutto le loro attitudini alla manualità». Infine, «serve passione. Non sono affatto lavori monotoni: anzi, spesso richiedono parecchia iniziativa e intelligenza. Io dico che l'artigianato è la scuola dell'imprenditore di domani».
Ma non lasciamoli soli - Non tutto è perduto, però. La possibilità di intercettare l'interesse ancora acerbo c'è: a patto di «agire in modo coordinato. Non possiamo permetterci di formare un giovane e lasciarlo solo finita la scuola. Le associazioni di categoria devono fare da guida, garantire che ad essa faccia seguito un volume di lavoro importante e utile al proprio sostentamento: o si continuerà a preferire altre occupazioni».