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Parlare di soldi? Per gli Svizzeri è un tabù

Il silenzio è d'oro e per Reiner Eichenberger, professore di economia a Friburgo, la spiegazione arriva da molto lontano: «La Svizzera non ha mai avuto un re che radunasse attorno a sé nobili che dovevano dimostrare la propria ricchezza».
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Fonte TagesAnzeiger
Parlare di soldi? Per gli Svizzeri è un tabù
Il silenzio è d'oro e per Reiner Eichenberger, professore di economia a Friburgo, la spiegazione arriva da molto lontano: «La Svizzera non ha mai avuto un re che radunasse attorno a sé nobili che dovevano dimostrare la propria ricchezza».

ZURIGO - Parlare dei proprio soldi agli svizzeri non piace. Le ragioni di questa proverbiale discrezione affonda le radici nei secoli addietro.

Questa è almeno l'opinione di un professore di economia di Friburgo, Reiner Eichenberger, che interpellato dal TagesAnzeiger ha dichiarato: «La Svizzera non ha mai avuto un re che radunasse attorno a sé nobili che dovevano dimostrare la propria ricchezza».

Insomma, avere soldi e essere anche ricchi sì, ma senza farlo sapere e tanto meno ostentarlo. Certo, in un Paese regno del segreto bancario, dei silenzi sui patrimoni dei dittatori e che ha coperto per decenni «la ricchezza delle vittime ebree della Seconda Guerra Mondiale» il senso della riservatezza potrebbe anche non stupire. Come del resto, l'aplomb svizzero in materia non consentirebbe di vedere in terra elvetica ad esempio il matrimonio veneziano come quello voluto dal signor Amazon.

Gli svizzeri «preferiscono tacere, ad esempio, anche quando si tratta del proprio stipendio».

Il possedere denaro è legato indissolubilmente al raggiungimento del successo.

«In Svizzera - scrive il TAGI - l'impegno è considerato la chiave del successo professionale e, con esso, di uno stipendio dignitoso. L'obiettivo dichiarato è che tutti possano sviluppare appieno le proprie capacità, a condizione che siano disposti a impegnarsi» ma «il background sociale continua a determinare in larga misura chi accede all'università e chi no», afferma la professoressa di sociologia bernese Benita Combet.

Per la sociologa Benita Combet, «il sistema educativo svizzero» però non è «altrettanto egualitario». Quindi non consente a tutti e allo stesso modo la possibilità di fare soldi.

Il lasciapassare e l'accesibilità alla ricchezza però non si ottiene solo con la meritocrazia e l'impegno lavorativo: il Tagi fa notare che «molte persone facoltose» hanno «ereditato ricchezze».

Secondo una stima scientifica, «quest'anno in Svizzera saranno ereditati o donati oltre 100 miliardi di franchi svizzeri. Questo contrasta affatto con l'idea che la ricchezza sia sempre frutto di autoconquista. Per questo motivo, in questo Paese l'eredità è spesso tenuta nascosta».

L'inchiesta del Tagi mette in rilievo anche la pressione che la fame di successo esercita sui giovani: Sebastian Dittert, medico senior e specialista in psichiatria e psicoterapia, afferma che «questa può essere potente».

Al quotidiano zurighese ha raccontato: «Sento spesso i pazienti dire: "A casa dei miei genitori, il successo era importante'". Chi ne soffre crede di meritare affetto solo se ottiene buoni risultati. Nel peggiore dei casi, le sue aspettative sono così alte che è impossibile soddisfarle. Rilassarsi e godersi la vita è fuori questione».

Come viene rilevato dall'inchiesta del quotidiano «la ricchezza affascina» ma quando la si raggiunge guai a parlarne.

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