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SVIZZERAQuando il coronavirus fa calare il lavoro, anche dei medici

15.07.20 - 18:27
Il 36% di loro ha richiesto le indennità del lavoro ridotto. Calo dell'attività per quasi la metà degli intervistati.
Depositphotos - foto d'archivio
Fonte ats
Quando il coronavirus fa calare il lavoro, anche dei medici
Il 36% di loro ha richiesto le indennità del lavoro ridotto. Calo dell'attività per quasi la metà degli intervistati.
Per il 4% del campione, il deficit accusato potrebbe perfino costituire "una minaccia esistenziale".

BERNA - L'epidemia di coronavirus non ha avuto le stesse ripercussioni per tutti i medici. Se da un lato alcuni sono stati sommersi dal lavoro, dall'altro in parecchi hanno dovuto forzatamente ridurre le proprie attività, con conseguenze non indifferenti sulle entrate economiche.

È quanto emerge da un sondaggio realizzato dalla Federazione dei medici svizzeri (FMH) coinvolgendo i propri membri. I risultati dell'indagine, che riguarda il periodo fra marzo e maggio, sono stati pubblicati oggi all'interno della rivista dell'associazione.

Il virus ha toccato in modo molto variegato l'occupazione dei medici. A marzo, appena il 13% ha indicato di aver avuto "molto più lavoro", una percentuale inferiore a quella di chi ne ha avuto "un po' meno" (22%) o "molto meno" (32%). Un trend che ha sorpreso anche i diretti interessati. Lo scarto si è addirittura allargato il mese seguente. In aprile infatti, solo il 7% ha riferito di un carico di lavoro maggiore. Quasi la metà - il 46% - ha parlato di "molto meno lavoro" e il 24% di "un po' meno". In maggio la situazione si è normalizzata: sia la menzione "molto più lavoro" che quella "molto meno" hanno raggiunto il 9%.

Questo calo delle attività ha inevitabilmente influito sui guadagni. Oltre due terzi degli interpellati si aspetta delle perdite e il 43% che tali perdite siano "importanti". Per il 4% del campione, il deficit accusato potrebbe perfino costituire "una minaccia esistenziale". Il 36% dei medici ha rivelato di aver richiesto le indennità del lavoro ridotto, mentre l'1,6% ha effettuato licenziamenti.

Contatti con infetti - Per quel che concerne i contatti con persone malate, un terzo dei dottori confida di essersi ritrovato in marzo almeno un giorno su due vicino a pazienti infetti o potenzialmente infetti. In aprile il tasso è sceso al 27% e in maggio al 12%. Il 26% ha invece dichiarato di non aver avuto alcuna interazione diretta con soggetti potenzialmente contagiosi.

Mancanza di materiale - I medici, un quarto dei quali rientra in un gruppo a rischio, si lamentano poi della carenza di materiale. Stando al 57% le mascherine erano "difficilmente" o "del tutto" irreperibili a marzo e per il 40% la situazione era ancora così ad aprile. Un miglioramento in tal senso non si è infatti osservato prima di maggio. Lo stesso vale per le forniture di prodotti disinfettanti e di altro equipaggiamento.

Qualcuno si è ammalato - Secondo il sondaggio, a cui hanno partecipato 12'111 medici dei 33'269 contattati suddivisi nelle tre regioni linguistiche, 282 dottori, ovvero il 2,3%, sono risultati positivi al tampone per il Covid-19. La quota rimane stabile fra chi esercita in ambulatorio e chi in ospedale. In 719 hanno affermato di aver avuto sintomi, ma di non essersi sottoposti al test.

Cantoni e Confederazione - Ai medici è anche stato chiesto di dare un voto all'operato delle varie autorità. Ne escono vincitori soprattutto i cantoni: il 51% ritiene che abbiano gestito "piuttosto bene" la crisi e il 35% che l'abbiano fatto "molto bene". Leggermente inferiore il consenso per la Confederazione, il cui intervento è stato giudicato molto buono dal 25% e piuttosto buono dal 56%. Circa il 18% l'ha invece definito abbastanza o decisamente negativo.

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