Aron Piezzi, deputato PLR
Siamo ormai abituati a confrontarci sempre più spesso con iniziative stuzzicanti ma improponibili ed estreme. Occorrono invece, in ogni ambito, ragionevolezza e buon senso, per affrontare temi comunque importanti e soprattutto individuare soluzioni praticabili.
Ne è un esempio lampante l’iniziativa per la responsabilità ambientale. La posta in gioco è alta, e concerne la prosperità del nostro Paese. I prezzi arrischierebbero di esplodere, come pure prescrizioni e divieti che si ripercuoteranno sullo stile di vita delle persone. Tutto ciò a scapito di molti beni di consumo, con effetti negativi su alimentazione, mobilità, alloggio e libertà individuale. Quest’ultima, per contro, va difesa a denti stretti, accompagnata indissolubilmente da un senso di responsabilità ovviamente anche a vantaggio di collettività e ambiente. Come sempre capita per questo genere di iniziative, poi, non sono spiegate le misure necessarie per la sua attuazione.
Chi pagherebbe maggiormente il prezzo se dalle urne dovesse uscire un risultato affermativo? Il ceto medio, già sotto pressione, e l’economia delle piccole e medie imprese. La stabilità di queste ultime verrebbe minacciata, proprio a seguito di misure troppo stringenti proposte dall’iniziativa. La loro capacità di innovare e competere, essenziale in uno stato liberale, verrebbe ridotta drasticamente, a svantaggio dell’occupazione e della produzione. Bisogna piuttosto insistere con incentivi e supporti che consentano a tutte le imprese di avanzare verso obiettivi di sostenibilità senza tuttavia compromettere operatività e solvibilità finanziaria.
Infatti la Svizzera, da decenni, attribuisce grande importanza alla protezione dell’ambiente e – com’è giusto che sia – intende proseguire con questo approccio, senza tuffarsi nelle utopie. La nostra Costituzione contiene già disposizioni equilibrate per la promozione della sostenibilità; l’unilateralità e l’intransigenza dell’iniziativa, al contrario, non potrà che trasformarsi in un boomerang per la società e il tessuto economico svizzero. Non dimentichiamo, infine, che occorre una coordinazione nell’ambito di accordi internazionali, come avviene ora. La riduzione drastica dei consumi nella sola Svizzera, come vorrebbero gli iniziativisti, non avrebbe alcun impatto su scala mondiale.
Sono tutte ragioni che mi portano a respingere l’iniziativa popolare in questione.