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CHIASSO

«Non in nostro nome»

Si è svolto oggi a Chiasso un presidio solidale a sostegno dei richiedenti l'asilo dopo la nuova morte di un giovane alloggiato al Centro.
«Non in nostro nome»
Ti-Press
Fonte R-esistiamo / SOA Molino
«Non in nostro nome»
Si è svolto oggi a Chiasso un presidio solidale a sostegno dei richiedenti l'asilo dopo la nuova morte di un giovane alloggiato al Centro.
CHIASSO - «Proteggere le persone, non i confini». «Chi non parla è complice». Sono solo due dei diversi striscioni srotolati oggi pomeriggio durante il presidio solidale e antirazzista svoltosi davanti al centro federale per richiedenti asilo di...

CHIASSO - «Proteggere le persone, non i confini». «Chi non parla è complice». Sono solo due dei diversi striscioni srotolati oggi pomeriggio durante il presidio solidale e antirazzista svoltosi davanti al centro federale per richiedenti asilo di Chiasso. 

«Non in nostro nome» - Organizzata dal Collettivo R-esistiamo e da SOA Molino, la manifestazione «non in nostro nome» punta il dito contro l’indifferenza mostrata verso gli asilanti dalle autorità federali e in particolare dalla SEM. «A poche settimane di distanza - accusano gli organizzatori - un’altra vita si è spezzata sotto il peso di un sistema migratorio violento e disumano».

Due morti ravvicinate - Dopo il 19enne algerino ritrovato morto a Balerna, infatti, a fine aprile un 20enne sudamericano che viveva con la madre e il fratello proprio presso il centro per richiedenti l'asilo di Chiasso si è suicidato poiché aveva ricevuto il rifiuto di poter rimanere in Svizzera. «È ora di dire basta. È ora che tutte le persone che ancora ritengono fondamentale il rispetto della dignità e della vita umana si ribellino a questo sistema crudele che semina morte», attaccano R-esistiamo e SOA Molino.

Sistema da rifondare - Per loro, infatti, il sistema andrebbe totalmente rifondato: «Un altro modo è possibile. Lo diciamo da anni», precisano. «Bisogna spezzare l’isolamento in cui sono costrette a vivere queste persone, denunciare la violenza e l’umiliazione delle procedure che subiscono, creando una società in cui il l valore degli esseri umani non venga determinato dal possesso o meno di un pezzo di carta o dal colore della pelle».

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