Il Consiglio di Stato ha risposto alla consultazione del Consiglio federale sullo sviluppo del pass.
Secondo il Governo alcune delle proposte «sono perlomeno discutibili dal profilo scientifico ed epidemiologico». Una su tutte quella riguardante la possibilità di rilasciare un certificato sulla base del livello di anticorpi contro il Covid-19.
BELLINZONA - Le proposte che il Consiglio federale ha messo in consultazione inerenti lo sviluppo del certificato Covid-19 convincono solo parzialmente le autorità ticinesi.
Nelle quattro pagine di risposta pubblicate questa sera, il Consiglio di Stato precisa in particolare di condividere la valutazione «secondo cui un allentamento generale dell’impiego del certificato Covid comporterebbe rischi eccessivi», nonostante la situazione stia vivendo una fase di miglioramento. In altri Paesi «dove il tasso di copertura vaccinale è paragonabile al nostro e si è proceduto a una riapertura generosa - scrive l'esecutivo -, si è vista una crescita rapida dei casi e una pressione molto forte sulle strutture ospedaliere».
Il punto su cui il Cantone si mostra meno convinto è la possibilità di emettere un certificato sulla base di un test positivo per gli anticorpi. «A nostra conoscenza non esiste né un tasso di anticorpi da ritenere realmente protettivo contro la malattia né un valore soglia anticorpale che determina una durata di protezione di novanta giorni», sottolinea il Consiglio di Stato, aggiungendo che «questo aspetto rischia poi di determinare una grande incertezza e potenzialmente prassi differenti tra i vari Cantoni». Da Palazzo delle Orsoline c'è invece una maggiore apertura per quanto concerne la possibilità di prorogare (da 6 a 12 mesi) la durata del certificato per le persone guarite e la concessione del certificato a chi, per motivi medici, non può essere vaccinato né farsi testare.
Nel primo caso, il governo evoca la necessità di ricorrere a una via di mezzo, «più ragionevole e proporzionata», prolungando la validità del certificato di guarigione di 3 mesi (quindi 9 in totale). «Le persone che si sono infettate 6, o addirittura 9-10 mesi fa, hanno avuto una infezione con un virus diverso da quello più contagioso e pericoloso attualmente circolante e non è quindi detto che la protezione continui a essere valida per altri 6 mesi». Nel secondo caso invece «non ci sono alternative», afferma il Governo, che però vede «un grande rischio di abuso» e chiede a Berna di fare chiarezza «con un elenco preciso ed esaustivo» i motivi per cui una persona non può essere vaccinata e sottoposta a test.
Infine, il Consiglio di Stato si dice favorevole al fatto che i certificati siano emessi solo in seguito a test antigenici rapidi per uso professionale - «in particolare al fatto che i test rapidi per uso professionale che prevedono soltanto un tampone nasale e non nasofaringeo non consentano l’emissione» - così come a consentirne il rilascio ai turisti vaccinati all'estero con un preparato autorizzato solo dall'Oms. Si tratta di «un’ulteriore eccezione che a fronte dell’andamento epidemiologico può comunque essere condivisa, in un’ottica di ponderazione degli interessi anche del settore turistico».