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CANTONEChiesti fino a sei anni e mezzo per la rissa con accoltellamento

11.04.19 - 12:05
L’accusa punta alla condanna per tentato omicidio intenzionale. «I quattro sapevano che ci sarebbe stato uno scontro, erano pronti alle peggiori conseguenze»
Rescue Media
Chiesti fino a sei anni e mezzo per la rissa con accoltellamento
L’accusa punta alla condanna per tentato omicidio intenzionale. «I quattro sapevano che ci sarebbe stato uno scontro, erano pronti alle peggiori conseguenze»

LUGANO - «Lo scontro del 21 ottobre 2017 in via al Forte a Lugano era più di una rissa, era un regolamento di conti fra due bande». Così il procuratore pubblico Moreno Capella che nei confronti dei quattro imputati a processo alle Criminali principalmente per tentato omicidio intenzionale e rissa chiede fino a sei anni e mezzo di carcere. La più alta per il cubano 46enne, per essere l’autore materiale delle ferite a due persone. Cinque anni e mezzo per il 24enne di origini balcaniche, «che ha alimentato la tensione tra i due gruppi». E cinque anni di detenzione con dieci anni di espulsione per gli altri due, il 24enne e il 26enne sudamericani, «che hanno dato il via allo scontro».

«Sono persone abituate a menare le mani, a coinvolgersi in risse e aggressioni, e a spacciare droga» afferma Capella, ricordando altri episodi in cui erano protagonisti alcuni di loro. E non sarebbero da meno gli albanesi componenti della banda rivale. Anche loro attivi nello spaccio di sostanze stupefacenti. Anche loro protagonisti di svariati episodi di violenza. E l’accusa parla inoltre di imputati che provano «grande spregio per le persone».

«Un fatto gravissimo» - Quanto avvenuto nell’ottobre del 2017 a Lugano «è un fatto gravissimo per la violenza scatenata». I due gruppi si erano già adocchiati in precedenza. La situazione è poi degenerata a seguito di un precedente pestaggio del fratello gemello di uno degli imputati. «È stata la scintilla sufficiente per offendere l’onore degli imputati». E tutti sapevano che «quella notte ci sarebbe stato uno scontro». Si erano procurati una pistola e un coltello. «Tutti avevano accettato sin dall’inizio le possibili conseguenze, anche le peggiori. Per loro l’omicidio era un’opzione».

L’arma carica, «quindi pericolosa» - La pistola - lo ribadisce il procuratore - quella notte durante la rissa «era carica». Infatti l’arma successivamente era stata trovata dagli inquirenti con un colpo in canna. Gli imputati sostengono che nessuno di loro aveva effettuato il movimento di carica. Ma Capella sottolinea che è poco importante: «Se nessuno ha caricato l’arma, nessuno ha comunque controllato se fosse carica. Quindi quella notte era carica e pericolosa».

Il burattinaio d’oltre frontiera - Ma chi era comunque il vero mandante della spedizione punitiva? Secondo l’accusa si tratta di quel personaggio - ancora a piede libero - che oltre frontiera aveva fornito la pistola. «E che probabilmente vuole assumere il ruolo di burattinaio di piccole gang locali al fine di coltivare interessi propri». Burattinaio che inoltre quel 21 ottobre era presente alla rissa, seppure in disparte. La vera origine della rissa andrebbe quindi cercata al di là del pestaggio avvenuto la settimana precedente, che era «una scusa per agire».

Fenomeno in aumento - «Queste aggressioni di gruppo non solo sono in aumento, ma diventano anche sempre più violente» evidenzia inoltre il procuratore. I protagonisti di tali episodi non si fermano più a pugni e calci. «Ma spuntano armi e altri oggetti pericolosi».

Nel pomeriggio in difesa dei quattro imputati prenderanno la parola gli avvocati Andrea Cantaluppi, Hugo Haab, Daniele Molteni ed Egidio Mombelli.

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