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SVIZZERAPolitica familiare: vince il no, tutta "colpa" dei cantoni

03.03.13 - 15:37
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Politica familiare: vince il no, tutta "colpa" dei cantoni

BERNA -  Ci voleva la doppia maggioranza, trattandosi di un articolo costituzionale, ma non c'è stata. Quindi il decreto federale sulla politica famigliare, voluto da governo e parlamento per venire incontro soprattutto alle donne, permettendo loro di meglio conciliare famiglia e lavoro, non entrerà nella "Magna charta". L'ha spuntata chi temeva una eccessiva intromissione dello Stato nella vita familiare.

A far pendere la bilancia sono stati i cantoni (15 a 11), quelli svizzero-tedeschi e rurali. La popolazione ha invece detto di sì con 1.283.383 voti, pari al 54,33%, contro 1.078.895 no (45,67%). La partecipazione è stata del 46,6%.

E' emerso ancora una volta quel che viene definito il "Röstigraben", anche se non così netto come in passato. Ai cantoni romandi che hanno detto di sì vanno aggiunti infatti i due Basilea, Soletta, Ticino e Zurigo. Il più deciso sostenitore del decreto si è rivelato il canton Ginevra (79%), seguito da Giura (70,3%), Neuchâtel (69,9%) e Friburgo (62,7%).

In Ticino la maggioranza della popolazione ha approvato il decreto, con 57.197 voti (66,74%), contro 28.500 (33,26%). La partecipazione è stata del 41,5%. Nei Grigioni invece ha prevalso il no, sebbene di poco: 37.920 schede (51,21%) contro 36.130 (48,79%). Partecipazione: 56%.

Governo e parlamento sconfessati

Consiglio federale e parlamento escono sconfessati da questa domenica, sebbene solo parzialmente. Quello della politica familiare è il nono oggetto nella storia della Confederazione che raccoglie la maggioranza del popolo ma non dei Cantoni. L'ultimo caso risale a quasi vent'anni or sono, al 12 giugno 1994: riguardava l'articolo sulla cultura e la naturalizzazione facilitata per i giovani stranieri.

Con questo decreto tanto il Consiglio federale quanto il parlamento si erano detti convinti che la nuova norma sarebbe andata a tutto vantaggio delle famiglie, favorendo in particolare le donne nel conciliare famiglia e professione.

Sarebbero state potenziate le strutture di custodia dei figli, complementari alla famiglia, ad esempio: asili nido, doposcuola e mense. Anche il mercato del lavoro ne avrebbe tratto vantaggio. Il nuovo articolo costituzionale dava infatti mandato alla Confederazione e ai Cantoni di promuovere una maggiore armonia fra famiglia, lavoro e formazione.

La competenza sarebbe spettata in primo luogo ai Cantoni, chiamati a predisporre un'offerta sufficiente di posti per la custodia dei figli. Semmai ci fosse bisogno, la Confederazione sarebbe intervenuta ad emanare norme a livello nazionale. Quando le misure di Cantoni o altri enti (comuni, privati, singoli individui) non sarebbero baste avrebbe potuto obbligare a predisporre un determinato numero di posti.

I genitori sarebbero restati comunque completamente liberi di scegliere se affidare i propri figli a strutture esterne. Il progetto prendeva avvio da un'iniziativa parlamentare depositata nel 2007, in cui si chiedeva di inserire nella Costituzione un articolo che disciplinasse in maniera esauriente la politica di promozione della famiglia. Il parlamento è stato unanime sul principio, mentre è sorta una controversia sulla questione se spetti davvero allo Stato intromettersi nella vita famigliare. Per governo e parlamento il nuovo articolo dava una risposta adeguata alle esigenze della famiglia di oggi, favorendo la parità tra i sessi, rafforzando l'economia e garantendo il benessere.

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